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beata esistenza delle anime degl'iniziati. Gli Amori
in rapporto con marini mostri simboleggiano il pas-
saggio delle anime pe' vasti campi dell'Oceano, di-
rette a raggiungere la loro felicità.
Noi avemmo altra volta la occasione di additare
questa funebre intelligenza, or facendone la osser-
vazione in quanto ai tritoni, agl'ippocampi, o anel-
lini (butlct. dell'.ist. 1851 pag. 42 segg.; mor,. ined.
di Barone pag. 71); or favellando dell'insigne sarco-
fago di Rapolla (bull. arch. nap. n. sor. an. IV pag.
174), ove notammo che i marini mostri, che ne fre-
giano la parte superiore (cioè ìa tigre, il leone, l'a-
riete, ed il toro) accennano al passaggio delle ani-
me per l'Oceano, affìn di giungere alle isole fortu-
nate ove esse reputavansi destinale a godere la feli-
cità e l'apoteosi. Sono qui da richiamare particolar-
mente alcuni monumenti, ne'quali questa funebre
significazione è evidente. Tale si è il funebre emi-
ciclo di Mammia in Pompei, che avemmo la occa-
sione d'illustrare col confronto di alcuni stucchi pu-
teolani, simili a quelli de' quali ora teniamo discor-
so, ove in simigliante significato vedonsi Amori che
guidano bighe d'ippocampi (R. mus. B. tom. XV,
tav. XXV, pag. 5). Tale si è pure il sarcofago mar-
moreo, proveniente dalla stessa città di Pozzuoli,
nel quale due alati putti guidano un marino toro ed
un lione intorno ad una immensa lesta dell'Oceano
(è stato da me pubblicato nel inali, arch. nap. n. ser.
an. VI, tav. VI, lig. 1,2,3). Noi considerammo que-
gli alati putti o come genii aiutatori delle anime,
ovvero come rappresentanti le anime stesse sciolte
da'corpi, che Platone appella ÓTt&nepot [Men. pag.
281 Heindorf), e che sappiamo essere state sovente
dall'antichità figurate sotto le forme di augelli (vedi
ciò che fu detto da noi nella descrizione de' vasi lat-
ta pag. 32). In questo giro d'idee rientrano gli stuc-
chi, de' quali ora favelliamo. Ed è pur da notare che
questa intelligenza tanto più sorge al pensiero in vi-
cinanza del fantastico suolo di Cuma ove l'antichità
supponeva tanti funebri e tartarei miti; ove l'Aver-
no crede vasi conducesse al regno dei morti, e perciò
ancora alla beatitudine dell'Elisio.
Questa funebre intelligenza tanto maggiormente
si conferma, quando si rivolge il pensiero a'due sin-
golari quadri, che noi pubblichiamo ne' due scom-
partimenti medii della tav. Vili, e su' quali credia-
mo opportuno arrestare' alquanto.
La prima idea, che sovviene spontaneamente al
pensiero è che in queste due rappresentanze ci si
offra una di quelle scene che han rapporto ad im-
precazioni terribili contro di alcuno, con relazione
ai cadaveri seppelliti in una tomba. Formavano que-
ste imprecazioni una parte delle magiche operazio-
ni, e delle nefande opere di coloro che dedicavansi
a' sortilegi. Sappiamo da varie tradizioni come le
membra de' cadaveri e segnatamenlc la testa fossero
adoperate in quelle tenebrose operazioni. Merita di
esser qui rammentato per esteso un importantissi-
mo luogo di Apuleio, ove si fa appunto menzione
de' nudi teschi de' morti: Priusque apparalu solilo
inslrail fer aleni officinani, omne genus aromalis, et
ignorabiliter laminis litleratis, et infclicium Manium
durantibus calvis etc. (lib. HI, 54, s. pag. 205 s.
Oud.). Ne' nostri stucchi comparirebbero appunto
le donne ammaliatrici in rapporto co' duri teschi dei
morti; nè mancherebbero quelle lamine litterate, p
dir vogliamo laminette di piombo costituenti quasi
un volume, siccome si mirano in mano a ciascuna
delle quattro femminili Ogure, che si osservano ne-
gli stucchi puteclani. Queste laminette di piombo,
conlenenti magiche esecrazioni dette xa-aSsost? e
defixiones, ci pervennero dall'antichità: ed una di
esse fu rinvenuta in un sepolcro cumano, vale a di-
re in un sito vicinissimo a Pozzuoli, per lo che ri-
chiamar si potrebbe a più prossimo confronto coi
piccoli volumi de' nostri stucchi. La laminetta a cui
accenniamo è ora nel Museo Britannico; e ne fu fatta
la pubblicazione dal eh. Henzen (annali dell'Inst.
1846 pag. 203 segg.), e poscia dal Franz (nel corp.
inscr. fjr. voi. Ili, pag. 756 segg..: conf. il bullell.
arch. nap. dell'Avellino an. VI, pag. 66 segg.). Si-
mili laminette di piombo furono rinvenute in tom-
be dell'Attica, sulle quali è da vedere il eh. Boeckh
(c. inscr. qr. n. 538 e 539), e sul costume stesso
leggasi ciò che scrive l'Heinsio (ad Ovid. amor. HI,
7, 29).
beata esistenza delle anime degl'iniziati. Gli Amori
in rapporto con marini mostri simboleggiano il pas-
saggio delle anime pe' vasti campi dell'Oceano, di-
rette a raggiungere la loro felicità.
Noi avemmo altra volta la occasione di additare
questa funebre intelligenza, or facendone la osser-
vazione in quanto ai tritoni, agl'ippocampi, o anel-
lini (butlct. dell'.ist. 1851 pag. 42 segg.; mor,. ined.
di Barone pag. 71); or favellando dell'insigne sarco-
fago di Rapolla (bull. arch. nap. n. sor. an. IV pag.
174), ove notammo che i marini mostri, che ne fre-
giano la parte superiore (cioè ìa tigre, il leone, l'a-
riete, ed il toro) accennano al passaggio delle ani-
me per l'Oceano, affìn di giungere alle isole fortu-
nate ove esse reputavansi destinale a godere la feli-
cità e l'apoteosi. Sono qui da richiamare particolar-
mente alcuni monumenti, ne'quali questa funebre
significazione è evidente. Tale si è il funebre emi-
ciclo di Mammia in Pompei, che avemmo la occa-
sione d'illustrare col confronto di alcuni stucchi pu-
teolani, simili a quelli de' quali ora teniamo discor-
so, ove in simigliante significato vedonsi Amori che
guidano bighe d'ippocampi (R. mus. B. tom. XV,
tav. XXV, pag. 5). Tale si è pure il sarcofago mar-
moreo, proveniente dalla stessa città di Pozzuoli,
nel quale due alati putti guidano un marino toro ed
un lione intorno ad una immensa lesta dell'Oceano
(è stato da me pubblicato nel inali, arch. nap. n. ser.
an. VI, tav. VI, lig. 1,2,3). Noi considerammo que-
gli alati putti o come genii aiutatori delle anime,
ovvero come rappresentanti le anime stesse sciolte
da'corpi, che Platone appella ÓTt&nepot [Men. pag.
281 Heindorf), e che sappiamo essere state sovente
dall'antichità figurate sotto le forme di augelli (vedi
ciò che fu detto da noi nella descrizione de' vasi lat-
ta pag. 32). In questo giro d'idee rientrano gli stuc-
chi, de' quali ora favelliamo. Ed è pur da notare che
questa intelligenza tanto più sorge al pensiero in vi-
cinanza del fantastico suolo di Cuma ove l'antichità
supponeva tanti funebri e tartarei miti; ove l'Aver-
no crede vasi conducesse al regno dei morti, e perciò
ancora alla beatitudine dell'Elisio.
Questa funebre intelligenza tanto maggiormente
si conferma, quando si rivolge il pensiero a'due sin-
golari quadri, che noi pubblichiamo ne' due scom-
partimenti medii della tav. Vili, e su' quali credia-
mo opportuno arrestare' alquanto.
La prima idea, che sovviene spontaneamente al
pensiero è che in queste due rappresentanze ci si
offra una di quelle scene che han rapporto ad im-
precazioni terribili contro di alcuno, con relazione
ai cadaveri seppelliti in una tomba. Formavano que-
ste imprecazioni una parte delle magiche operazio-
ni, e delle nefande opere di coloro che dedicavansi
a' sortilegi. Sappiamo da varie tradizioni come le
membra de' cadaveri e segnatamenlc la testa fossero
adoperate in quelle tenebrose operazioni. Merita di
esser qui rammentato per esteso un importantissi-
mo luogo di Apuleio, ove si fa appunto menzione
de' nudi teschi de' morti: Priusque apparalu solilo
inslrail fer aleni officinani, omne genus aromalis, et
ignorabiliter laminis litleratis, et infclicium Manium
durantibus calvis etc. (lib. HI, 54, s. pag. 205 s.
Oud.). Ne' nostri stucchi comparirebbero appunto
le donne ammaliatrici in rapporto co' duri teschi dei
morti; nè mancherebbero quelle lamine litterate, p
dir vogliamo laminette di piombo costituenti quasi
un volume, siccome si mirano in mano a ciascuna
delle quattro femminili Ogure, che si osservano ne-
gli stucchi puteclani. Queste laminette di piombo,
conlenenti magiche esecrazioni dette xa-aSsost? e
defixiones, ci pervennero dall'antichità: ed una di
esse fu rinvenuta in un sepolcro cumano, vale a di-
re in un sito vicinissimo a Pozzuoli, per lo che ri-
chiamar si potrebbe a più prossimo confronto coi
piccoli volumi de' nostri stucchi. La laminetta a cui
accenniamo è ora nel Museo Britannico; e ne fu fatta
la pubblicazione dal eh. Henzen (annali dell'Inst.
1846 pag. 203 segg.), e poscia dal Franz (nel corp.
inscr. fjr. voi. Ili, pag. 756 segg..: conf. il bullell.
arch. nap. dell'Avellino an. VI, pag. 66 segg.). Si-
mili laminette di piombo furono rinvenute in tom-
be dell'Attica, sulle quali è da vedere il eh. Boeckh
(c. inscr. qr. n. 538 e 539), e sul costume stesso
leggasi ciò che scrive l'Heinsio (ad Ovid. amor. HI,
7, 29).