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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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un uomo trovato morto a piè delle mura della città, verso
la chiesa di S. Agnello.
L’infelice era perfettamente nudo, aveva il corpo pieno
di lividure ed il capo reciso dal busto.
Per tre giorni interi rimase esposto alla colonna; al
quarto la putrefazione ammorbava il contorno e fu dovuto
togliere.
Ma questa volta, benché tardi, la gran Corte ebbe il
piacere di appurare che l’ignoto chiamavasi Giovan Bat-
tista Vitelli; che era gentiluomo capuano; che per gelosia
di donna e per mandato di don Leonardo di Tocco, era
stato così barbaramente ucciso e straziato. Ebbe il piacere,
sì. Ma don Leonardo, Dio sa per quali aderenze, « stette
« un pezzo in bando, alla fine si rappattumò il tutto, e
« più non se ne favellò » (T).
Tristissima condizione di tempi! L’intrigo, la prepo-
tenza, la nobiltà, preghiere e protezioni di donna nascon-
devano con fitto velo il santo volto della giustizia.
Vincenzo d’Auria.

NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
Commissione pei monumenti.
S’è radunata il 26 febbraio sotto la presidenza del Capasse.
E in primo luogo, ha preso nota della scoverta d’un’antica ban-
china, fatta nell’isolato tra il Fondaco Lungo ed il Cerriglio (Sez. Porto),
e ha chiesto in esame un pezzo della pietra della quale è costruita, per
istabilirne con dati certi l’epoca, importando agli studii dell’antica to-
pografia della città la costatata ubicazione di questa scoperta.
È restata soddisfatta nel sapere essersi approvata la sua proposta
che sieno incastrati nella facciata di una delle case che si edifiche-
ranno sull’area di quelle in demolizione al Sedile di Porto i ricordi
di quel sedile: cioè il bassorilievo dell’Orione, che il volgo dice di
Niccolò Pesce, colla relativa iscrizione, e i due stemmi Angioini sovrap-
posti alle due facce dell’arco in pieno.
E ha stabilito poi in massima che i monumenti rimossi pei lavori
del Risanamento, o per qualunque altra ragione edilizia, sieno ricollo-
cati, all’incirca, nei luoghi dove prima erano, rispettandosi in tal modo
i ricordi storici che vi si riattaccano.
Ha stimato opportuno che si conservi il torso di statua militare in
marmo, attribuito all’arte romana della decadenza venuto in luce nei
lavori che si fanno nella detta Sezione Porto.
Si è, infine, recata dal Sindaco per presentargli la tessera di ricono-
scimento qual Presidente della Commissione.
*
* *
Orione o Niccolò Pesce.
E, a proposito del bassorilievo che ora vien distaccato dal muro
dove per varii secoli è stato infisso, è bene ricordare ch’esso fu tro-

(1) Degli Annali della città di Napoli di don Francesco Capecela-
tro, Napoli, 1849, pp. 32, 33.

vato nel cavare le fondamenta del Seggio di Porto, al tempo di Carlo I
d’Angiò e collocato al muro del nuovo edilìzio: il Seggio di Porto lo
prese per insegna. Gli eruditi, nel seicento, interpretarono l’imma-
gine per Orione armato. Ma il popolo aveva già messo in relazione
l’uomo marino con una leggenda diffusissima nel medioevo, la leggenda
di Cola Pesce. Intorno a questa leggenda, riferita da moltissimi scrit-
tori e vivente ancora presso il popolo, hanno scritto di recente l’Ul-
rich, il Graf, il Pitré e qualche altro. Da essa lo Schiller desunse la
materia di una delle sue più belle ballate: Der Taucher (il Palombaro).
— E ricordo che l’ultimo opuscolo che mi mandò il povero Vittorio
Imbriani, contenente una ristampa dell’Agamennone di Mario Pagano,
aveva per emblema la figura di Niccolò Pesce, e sotto v’erano adat-
tati alcuni strani, ma graziosi versi, dei quali mi tornano a mente
questi :
Dai tenebrosi muti abissi e gelidi,
Sorgea livido, esausto, alfin sul margine
Niccolò-Pesce, stringendo ori e ninnoli,
Su cui Fonde richiuse eran da secoli!
— Tal, palombaro letterario, il critico
Scritti illustra e scrittor, onde ormai supera
Nulla, o il sol nome; ed improbi oblii vendica;
E d’ardua preda altri allietar gli è premio!
*
* *
Porta Capuana.
La presente Porta Capuana fu fatta erigere, com’è noto, da Ferrante
d’Aragona verso il 1484; architetto, il famoso Giuliano da Maiano. Ha
accanto le due torri dette Honore e Virtù; è formata da due pilastri
scannellati con capitelli d’ordine composito; e dello stesso ordine sono
anche l’architrave, il fregio e la cornice. Sull’architrave, in due nicchie,
sono le statue di S. Gennaro e di S. Agnello; e in mezzo ad esse, un
tempo c’era un bassorilievo coll’immagine di Re Ferrante, e l’iscri-
zione solita: Ferdinandus Rex Nobilissimae Patriae; poi, vi fu messo,
al tempo di Carlo V, lo stemma imperiale. Sul cornicione, s’eleva un
attico, diviso in varii scompartimenti, che ha ancora in mezzo lo stem-
ma di casa d’Aragona.
La porta ebbe varie modificazioni ed aggiunte. Del tempo di Carlo V,
ed opera di Giovan da Nola, si vuole che sia il bel fregio marmoreo,
tutto contesto di trofei guerreschi; ma è questo un punto di storia
artistica che aspetta d’esser meglio chiarito.
Dal seicento ebbe il brutto regalo del coronamento di una edicola
barocca, che accolse gli affreschi votivi commessi dalla Città a Mat-
tia Preti, detto il Cavalier Calabrese, per la peste del 1656.
A questo proposito, il De Dominici racconta un aneddoto, conosciu-
tissimo; ma il Capasse ha provato che si tratta di una spiritosa in-
venzione di quell’uomo che ne inventò tante! (vedi l’Arch. Star. Nap.,
Ili, 1878).
Ma gli affreschi del Calabrese se ne andarono presto, lavati dalla
pioggia; e un mediocre pittore sostituì ad essi, un Trionfo di S. Gen-
naro. Finalmente, nel 1837, in occasione del colera, Gennaro Malda-
relli rifece l’edicola, correggendo le linee e gli ornati barocchi, e di-
pingendovi una sua Madonna, che ancor si vede.
Dal Risanamento, la Porta Capuana ha tutto da guadagnare. Le due
torri laterali saranno liberate dalle casupole che ad essi si addossano.
Innanzi, le si formerà una piazzetta. E anche sento dire che si ha in-
tenzione di togliere il brutto coronamento dell’edicola, restituendo alla
porta il suo aspetto primitivo e classico.
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