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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 15.1912

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Fasc. 4
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Serafini, Alberto: Ricerche sulla miniatura umbra: Secoli XIV-XVI
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https://doi.org/10.11588/diglit.24139#0278

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ALBERTO SERAFINI

eseguite in diversi tempi, e, da diversi monaci ; sibbene si debba credere unico il modello ed
unica la direzione, da cui esse derivano.

I monaci locali poterono inoltre intervenire in qualche corale — come, ad esempio, nelYAnti-
fonario N — anche nel lavoro più solenne del pennello ; ma si deve credere che questo fu, nella
massima parte, propriamente eseguito da maestri che, da principio, si riannodano alle varie scuole
locali di Perugia, ma che in seguito costituirono con tutta probabilità il fulcro della nuova
scuola peruginesca.

Giova qui ritornare su alcune idee circa l’evoluzione che l’arte della miniatura subì durante
il Quattrocento nell’ Umbria, e da me già in parte esposte o lasciate intravedere.1 La miniatura
Umbra fu fin verso la metà del secolo XV prevalentemente sotto gli influssi dell’Arte Senese,
e fu coltivata generalmente da artisti ritardari di non grande valore, sebbene con caratteristiche
proprie che li distinguono dai maestri senesi propriamente detti. Ma verso la metà del secolo,
per opera di un gruppo di artisti della città di Perugia, una nuova orientazione si delinea nella
miniatura Umbra: è l’imitazione di Benozzo Gozzoli che è posta a scopo delle varie botteghe
miniarie di Perugia, di Gubbio e di Urbino; e solo dopo il 1460 vediamo una nuova e sana
corrente d’arte infiltrarsi timidamente nelle opere di minio locali e ricordarci in qualche modo
che Piero della Francesca già insegnava. Da questo momento l'evoluzione diviene più rapida,
— forse per opera di veri maestri della pittura che si dedicano anche alla minore arte della
miniatura — e vediamo nell’ultimo quarto del secolo una fioritura di arte peruginesca, far ridere
le carte miniate dei libri sacri Umbri. Ecco la scuola nuova!2

* * *

Non si deve tuttavia credere che questa sia sorta all’improvviso: essa fu il risultato di ele-
menti che avevano la loro origine sia a Perugia, che a Borgo San Sepolcro, che ad Arezzo, e che
si conglutinarono per il contatto con l’arte fiorentina. Ma rimane sempre che di questi elementi che
precedono la miniatura propriamente peruginesca noi dobbiamo trovare esempi dimostrativi,
che forse noi riusciamo ad indicare abbastanza chiari fino dagli ultimi tempi di Papa Paolo II
(1464-1471). Il miniatore infatti del Cod. Vat. Lat. 1819 3 * 5 è un indubbio miniatore umbro, che

1 Cfr. L’Arte, 1912, fase, I, pag. 54-66; fase. II,
pag. 98-121.

2 Se fino ad ora non si è da alcuno pensato all’esi-
stenza della miniatura Umbra di tipo peruginesco, deve
credersi che ciò sia in gran parte dipeso dalla totale
mancanza di documenti in proposito che ne parlassero
chiaramente. Gli Inventari, che ancora in parte ab-
biamo degli oggetti sacri mobili delle chiese, e che
rimontano al sec. xv e xvi, non si preoccupano punto
generalmente di indicarci di chi sia opera il tale o tal
altro oggetto artistico, preoccupazione molta tarda in
questo genere di documenti. Così è ad esempio per i
codici di Montemorcino di Perugia, sui quali si dilun-
gano solamente alcuni fogli frammentari di un in-
ventario del sec. xvm, che io ho rinvenuto, ma che
tuttavia sono ben lontani dall’avere i caratteri dell’au-
tenticità. Mentre di questi codici non si parla in un
interessante inventario della chiesa di Santa Maria di

Oliveto in Perugia, del 1470, già ricordato anche da
Mazzatinti e Degli Azzi (esistente a Perugia : Ar-
chivio giudiziario antico, Serie I - 1470-. Febraio . 4 .

XXVI1 .3).

5 Vat. Lat 1819. Codice nrembran. di fogli 505
(0,22X0,32): Dionysii Halicarnasei originimi sive

antiquitatum Romanarum libri XI.

Nel volume vi sono undici grandi lettere iniziali
con fregio marginale ad un solo lato, nel solito ornato
a rame bianche, toccate di giallo, sul fondo azzurro
tassellato di verde, rosso, oro. Nel frontespizio di
carta 1 il fregio marginale è a rame stilizzate, color
rosa e azzurro, incrociantisi con un disegno geome-
trico d’oro, su fondo nero, punteggiato di bianco.
I rossi cherubini agli angoli della lettera li vediamo
usati da tutti i maestri umbri ; ma l’intonazione delle
tre teste barbute, del paese e degli angeli a fini pan-
neggi è certamente molto vicina all’umbra-fiorentina.
Tutta l’importanza dunque del Codice si riduce al
frontespizio ; il quale per gli influssi melozziani, a cui
abbiamo accennato, e per essere stato eseguito per
Paolo II, deve credersi fatto con tutta probabilità in
Roma. Ma qui cresce l’oscurità dell’enigma. Non si
conosce che in quegli anni prossimi alla morte del
Papa (f 1471) vivessero in Roma miniatori Umbri di
un qualche valore. La bottega di Giacomo da Fabriano
e dei suoi collaboratori era finita con la morte di
Pio II (a. 1464), o, poco dopo: ed inoltre si tratta di
miniatori troppo deboli per avere un qualche punto
di contatto con questo del Vat. Lat, 1819. Rimane
 
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