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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 15.1912

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Fasc. 4
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Serafini, Alberto: Ricerche sulla miniatura umbra: Secoli XIV-XVI
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https://doi.org/10.11588/diglit.24139#0304

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2 6o

/ /. B ER '1 ’O SERA FINI

Così è abbastanza sicuro che il miniatore del frontespizio (fìg. 14) del Cod. Vat. Lat. 1569 ‘
ha voluto prendere partito dall’ornato del Camino della Sala degli Angeli, nel famoso Palazzo
Urbinate, per la sua decorazione. Nell’insieme il disegno architettonico mostra influenza quasi
padovana — forse da Franco Ferrarese, come potrebbe supporlo anche il motivo della scrit-
tura su di un foglio volante —; ma il paesaggio che si lascia intravvedere è umbro, di quell’arte
che deriva dai maestri di Perugia, fioriti intorno al Perugino. Credo tuttavia che qui non si
tratti di un miniatore vero e proprio, ma piuttosto di un dilettante buon disegnatore, che
conosce il paese peruginesco.

Del resto, non ostante che la numerosa scuola dei miniatori perugineschi fosse fiorente,
non bisogna credere che tutti i miniatori umbri ne seguissero bene e completamente i canoni.
Ancora tuttavia nel 1508 troviamo un artista della vecchia generazione, che opera in un prin-
cipio di Catasto del monastero di San Pietro dei Cassinesi — presentemente alla Biblioteca
comunale di Perugia 1 2 * * — e mostra solo deboli vestigia di seguela al Pinturicchio, e senza una
vera capacità di evolversi in forme migliori.

In questa miniatura (fig. 15) San Pietro, vestito di pluviale e con in testa una conica
tiara, pare stia benedicendo i due monaci, che in statura minore — ancora secondo il vecchio
canone — stanno inginocchiati, ai fianchi del quadro, simmetricamente, uno per parte. San
Benedetto ed il B. Pietro de Nobili (?) assistono impassibili col pastorale ed il libro delle
regole in mano. La scena è limitata, secondo l’uso antico, da un muretto a stibolate che lascia
scorgere esili alberetti.

L’abbaziale figura di destra ha riscontro con un San Benedetto (fig. 16) di una lettera
miniata a cart. 85 dell’Antifonario Q di Montemorcino,5 sì da ritenerla quasi opera della stessa
mano. Noto la fisionomia quasi simile, le pieghe delia cocolla condotte nella stessa maniera,

1 Vat. Lat. 1519: Lucrezio. Cod. membran. di
fogl. 152 più 8 carte in bianco (0,17 X 0,27). Pare
die la miniatura sia contemporanea al Codice, ma non
è ben sicuro se il miniatore sia distinto dallo scrittore.
Cosi a carta 69 la gamba della O miniata viene in-
tramezzata alla scrittura da supporre il lavoro della
stessa mano. Il nome dello scriba e la data stanno a
cart. 152 ver. : «Ego Dominus Jheronimus Arimi-
nenkis, canonicus Regularis Sancti Àugustini quon-
dam (?) Mattei filius et Tauris. Anno gratiae Domini
1483 nonis Decembris raptim et ante lucem liaec
scripsi ». La scrittura di questa nota è identica a quella
del Codice.

2 La Bibl. coni, di Perugia possiede altri codici
miniati, che già un tempo avevano appartenuto al-
l’abbazia Cassinese. Ricordo: un Salterio del sec. xt
(624, I, 17) lacunoso purtroppo, e pervenuto ai
monaci dall’abbazia di Farfa ; un Diurno del se-
colo xv (fogl. 34S) con molte iniziali miniate, perve-
nuto all’Abbazia, quando questa cominciò a far parte
della Congregazione di Santa Giustina. «Incipit Diur-
num Monasticum secundum consuetudinem Congrega-
tionis monachorum S. Justinae de observantia ordinis

S. Benedicti ». Dovette perciò anche questo Codice

far parte dèi Catalogo, che venne steso dopo il 1461,
e per il quale furono individualizzati i manoscritti

sacri e profani delle Biblioteche monastiche della Con-
gregazione di Santa Giustina. Già ne abbiamo visto

un vestigio nei codici corali miniati da Pierantonio e
dai Caporali. Consimili cataloghi erano stati fatti a
Bobbio, a San Benedetto di Polirone, ecc. (Cfr. Carlo
Cipolla, I codici bobbiesi delta Bibl. Nazionale di
Torino. Voi. 1, pag. 14-16, Milano, 1907).

Un altro codice pure probabilmente di San Pietro
di Perugia è un breviario (Coni, di Perugia, 1115,
n. 67) membran. del sec. xv, un tempo ricco di mi-
niature, ma al presente con un solo vestigio di esse
a fol. 394, essendo state le altre ritagliate.

Per questi corali più antichi del sec. xv, si può pen-
sare anche all’opera dei due miniatori perugini Tur-
pino ed Antonio di Giglio per il fatto che già la
famiglia si trovava in relazioni d’afìari con la Badia.
Vi è ad esempio nell’Archivio di essa « Una riforma
d’enfiteusi a 29 anni di 2 case a Giov. di Gilio nel
1404». (Notario dell’atto: Cinzio del fu Ugolino).
(Cfr. Regesto in transunto dell’Arch. di San Pietro in
Perugia, pag. 24).

3 Libro corale (J. Antifonario. Cod. membran. di
fogl. 141 con posteriori aggiunte cartacee (0,44 X °,fo).
Contiene circa 20 lettere miniate di pennello, di cui
le migliori stanno a cart. 1, 5, 31 (martirio di San Pla-
cido) 56, 85, 114. Il miniatore di questo corale fa le
figure tozze, e. lo ritengo un monaco che doveva tro-
varsi negli ultimi anni del 400 a Montemorcino. Anche
in questo corale fu posto posteriormente lo stemma
del Card, Capocci,
 
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