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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 15.1912

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Fasc. 4
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Il catalogo Mond: Volume II
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https://doi.org/10.11588/diglit.24139#0316

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2 72

C. J. FF.

In questi due artisti si sente la influenza del Verrocchio, benché conservino chiara la loro
individualità; questo giudizio pare si accosti più alla verità che non quello del Richter.

L’altro quadro a cui sopra accennammo, e cioè il ritratto muliebre, di profilo, non può
essere per noi, collocato vicino al bellissimo del Museo Poldi, e all’altra incantevole donna in
profilo, già nella Collezione Ashburnham ed ora a Berlino. Il Richter nega che questi ritratti
siano di Domenico Veneziano, di Verrocchio o dei Poliamoli, e ne suggerisce come autore un
medaglista-pittore, cosa questa abbastanza probabile. Però non possiamo convenire che il
ritratto della Collezione Mond sia della medesima mano che creò i ritratti del Museo Poldi
e di Berlino.

Diversissimo è il caso dei due dipinti di Fra Bartolomeo, pei quali tutti avranno le parole
di ammirazione che il Richter prodiga a questi gioielli della Collezione. La piccola Adora-
zione del Bambino, fine, delicata, come un fiore profumato da un sentimento squisito di devo-
zione, e destinata, per le sue piccole dimensioni, ad ornare lo sportello di un tabernacolo, è
di epoca relativamente tarda e sebbene piena di incanto, non è all’altezza dell’altra opera del
maestro nella stessa Collezione, cioè il grande tondo rappresentante lo stesso soggetto, con
l’aggiunta della figura di San Giovannino che va nel deserto, visto sul piano di mezzo. In questa
dignitosa e solenne composizione abbiamo, come bene osserva l’autore, una delle più nobili
ed intime espressioni, non solo dell’arte di Fra Bartolomeo, ma di tutto ciò che è stato creato
dalla Scuola Fiorentina, ossia un esempio sommamente caratteristico dell’arte matura di Firenze.
Il colorito è molto rimarchevole, ed anche nella bellissima fototipia si capisce l’effetto impres-
sionante delle armonie e degli accordi in cui si fonda il vivo colore: delle carnagioni calde e
lucenti a toni di opale; della fusione, senza asprezza, di luci e di ombre, dove gli accordi
brillanti e succosi del panneggiamento si perdono in un mare di ombre forti, profonde, ma
trasparenti, che fanno risaltare le luci delle carnagioni in modo meraviglioso. Il tutto si
distacca su di un fondo ad architettura ed a paesaggio dolcissimo, condotto a pennellate
leggere ed ariose di incomparabile bellezza. E insomma il più bel saggio dell’arte di Fra
Bartolomeo che noi conosciamo. Il San Giuseppe, avvolto per metà nell’ombra, è un mira-
colo di tecnica e di espressione, mirabile per il disegno di ogni particolare, e per il difficile
atteggiamento della figura che si piega in avanti. Il quadro fu acquistato nel 1885 dal noto critico
Sir J. C. Robinson.

Un lavoro molto caratteristico del Bacchiacca, un artista secondario ma interessante, è il
Battesimo di Cristo che arieggia, nelle figure centrali e negli angeli, ai motivi della Scuola
Umbra (si confronti il Battesimo del Pinturicchio nella Sistina e lo stesso soggetto della Scuola
del Perugino a Monaco di Baviera, tutti e due riprodotti dal Richter). Per le altre figure e
per il paesaggio il quadro deriva dalla Scuola Fiorentina, da quella cioè, rappresentata special-
mente dal Franciabiglio, il secondo maestro di Francesco Ubertini, detto il Bacchiacca.

Nel colorito e in certe figure l’individualità del Bacchiacca è palese, e per questo il quadro
si collega alle tavole della Galleria Borghese ; come composizione supera di molto il quadro
troppo pieno di figure della Galleria di Berlino dello stesso soggetto, ma di tempo più tardo.
Al Battesimo del Bacchiacca si collega un'opera di un altro pittore dell’ambiente di Andrea
del Sarto. È uno schizzo eseguito quasi di sfuggita, da Jacopo Pontormo, che rapprenta due
uomini che discutono con molta vivacità, mentre stanno ad ascoltarli tre altri uomini. Consi-
derato come momentanea impressione se ne ammira la vita e il brio, caratteri del Pontormo,
ma desta sorpresa, anche in uno schizzo rapidissimo, la mancanza di senso costruttivo, e le
mani di eccessive proporzioni (sono più grandi delle teste) poste una sopra l’altra in modo
da offendere l’armonia e il buon gusto.

Col ritratto detto di Alberto Pio da Carpi siamo giunti ad una questione imbarazzante
e ad un capitolo interessante che, per ingegnose teorie, ricorda quello sulla paternità del ritratto,
così detto, di Fracastoro del primo volume.

La questione che qui si prospetta, a proposito del ritratto detto di Alberto Pio, potrebbe
ricevere molta luce dalla divulgazione del ritratto stesso, che anche noi siamo lieti di ripro-
 
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