Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Napoli nobilissima — 3.1894

Citation link: 
https://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/napoli_nobilissima1894/0025

DWork-Logo
Overview
loading ...
Facsimile
0.5
1 cm
facsimile
Scroll
OCR fulltext
RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

9

di terremoto ondulatorio, ed è uopo, per tenersi in equi-
librio, di tenere i piedi l’uno discosto dall’altro.
Nella congiura così detta di Macchia le grosse mura
di questo campanile furono per i rivoltosi un baluardo
sicuro e terribile.
La rivolta, per l’indulto accordato dal Viceré, era presso
ad essere soffocata, ed alcuni nobili che si erano schierati
tra i congiurati, o che aspettavano per vedere ed indi de-
cidersi, di unita alla plebaglia, adescata dall’oro, poi fatta
timida dalle pene minacciate e posta in punto dai sobil-
lamenti di molti — che era giunto il momento di ven-
dicarsi dei signori, che l’aveva esposta al macello nella
loro rivoluzione del 1647 — disertavano in masse, e s’av-
viavano verso Castel Nuovo.
Il principe di Macchia fatto accorto allora del pericolo,
contro il volere di altri più azzardosi, opinò che non era
più possibile di combattere, a faccia a faccia, ma urgeva
trincerarsi in luoghi forti e nei campanili della città, per
vendere a caro prezzo agli spagnuoli l’onta della disfatta.
Profittando quindi delle armi offertegli dalla gente del
Molo piccolo, a cavallo ed in compagnia dei fratelli Ca-
rafa e di Saverio Rocca, col seguito di poche centinaia
di cenciosi, tra cui trecento solamente armati di coltelli,
di bastoni con punte di ferro, ed altri arnesi di poca o
niuna offesa, s’avviarono verso S. Chiara.
Quivi trovarono sbarrato il recinto, quel recinto di case
di varia e meschina costruzione che, anche oggi, s’addossa
al campanile, lo circonda e deturpa.
Fu dato ordine a quattro uomini di salire per una fi-
nestra delle case basse dalla parte della porta laterale, ed
i quattro penetrati nel cortile, diedero campo a tutti d’ir-
rompere.
Tiberio e Malizia Carafa fatta forzare la porta del cam-
panile ben chiusa e ferrata, lo fecero occupare da porzione
di gente e con l’altra poca rimasta, sperando sempre i
chiesti soccorsi da S. Lorenzo, si portarono ad afforzare
le altre trincee, che avevano stabilite al torrione di Porta
Alba ed alle Fosse del grano. Ma queste abbattute in po-
che ore diedero agli spagnuoli libertà di occupare il cam-
panile di S. Pietro a Maiella e d’inoltrarsi per S. Seba-
stiano allo scopo di attaccare quello di S. Chiara, mentre
il Duca di Popoli dalla parte del Gesù nuovo avrebbe
fatto lo stesso e tentato di chiudere in mezzo i rivoltosi
e schiacciarli.
Mentre gli spagnuoli scendevano per S. Sebastiano, i
rivoltosi che guardavano la trincea allo sbocco della strada,
accortisi dell’ inimico che avanzava, si diedero in fuga pre-
cipitosa, avendo appena i due Carafa con altri dodici ri-
masti fedeli, avuto il tempo di salvarsi nel campanile.
Il Duca di Popoli, intanto, giunto al Gesù, dove un’al-

tra e più forte trincea di botti sbarrava la via, fece pian-
tare nel largo un cannone; ma i colpi che miravano al
campanile battevano, per la strettezza della strada, le alte
case circostanti con strazio delle mura e senza offesa dei
rivoltosi, che al coverto tenevano spazzata la strada con
un fuoco di moschetti micidiale. Un capitano spagnuolo
che all’angolo di S. Sebastiano tentò di avanzarsi per in-
coraggiare i suoi a seguirlo, rimase morto con una fuci-
lata in testa. Così l’accanimento da ambo le parti infero-
civa, e si combatteva, si combatteva sempre, quando la
moglie di Tiberio Carafa, che si era ritirata, per sicurezza
e per seguire da vicino la sorte del marito, nel mona-
stero di S. Francesco, e quivi dalla più alta terrazza pal-
pitante ed intrepida spiava, sfidando i colpi del cannone
del largo del Gesù, che tirava all’ impazzata e più d’uno
ne lanciò a lei vicino, s’accorse che quei venuti da Porta
Alba, trasportavano alcune scale dal palazzo del marchese
della Terza, mentre altri cercavano di abbattere la porta
del Convento dei Gesuiti, le cui finestre rispondevano di-
rimpetto al campanile, ne avvertì il marito, che con gli
altri, prevedendo il brutto pericolo al quale andavano in-
contro resistendo ancora, uniti e a passi celeri, per la
porta laterale del cortile, per le vie del Pallonetto e San
Biagio dei librai si salvarono in S. Lorenzo C1).
Gli spagnuoli occuparono il campanile.
Vincenzo d’Auria.

I PORTI E GLI ARSENALI
DI NAPOLI
I.
Antichi porti. L’arcina e i magazzini della curia.
Ailcuni, tra i patrii topografi, ricordando il porto
della città nostra al tempo dei romani, affermarono s’a¬
prisse fra S. Giovanni Maggiore ed il Gesù vecchio, pro-
traendone anche i limiti sino al molo piccolo ed alla chiesa
di S. Maria del Ruoncamino (2). E ne collocarono il faro
sul ciglio di Monterone, quasi dirimpetto alla fontana di
Mezzocannone-, gli avanzi del quale « tutta opera laterica
« fabbricata con gran diligenza in forma rotonda », narra
il Celano aver visto nei suoi primi anni, e che furono di-

fi) V. March. Angelo Granito, principe di Belmonte, Storia della
Congiura del principe di Macchia, Napoli, 1864.
(2) Celano, ediz. Chiarini, IV, 102, 409. D’Ambra, Dei porti della
città di Napoli, in Annali civili, voi. 31, p. 28 e seg. Romanelli, Na-
poli antica e moderna, I, 45. Carletti, Top. della città di Napoli, p. 72.
 
Annotationen