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Napoli nobilissima — 3.1894

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

D

di varie parti di Castelnuovo, della terrazzina e della gran sala, ecc.
Notiamo, di passaggio, due tavole di un progetto di restauro del pul-
pito famoso di Ravello. Ma sono specialmente importanti le tavole
che ritraggono parecchi antichi palazzi di Napoli dei secoli XIV e XV;
dei quali alcuni sono stati già distrutti pel risanamento, altri reste-
ranno, o almeno restano per ora, in piedi. Ci son passati sott’occhio,
egregiamente riprodotti, il palazzo Miroballo (Arte della Lana), il pa-
lazzo cosiddetto dello Scoglio, il palazzo Brancaccio, quello in S. Gio-
vanni in Corte, il palazzo Caracciolo Arena, il palazzo Pisciceli!, la
porta del palazzo di Sergi anni Caracciolo, il palazzo Penne, il palazzo
di Fabrizio Colonna. Speriamo che la Direzione del Museo vorrà otte-
nere che l’importante raccolta sia collocata nelle sale del Museo di
S. Martino, dove s’accompagnerà opportunamente alle pitture del Mi-
gliato, e agli altri ricordi che vi si vanno raccogliendo della Napoli
che si trasforma.
*
* *

Il restauro del Fondo.
È stato variamente giudicato. Favorevolmente, nel Corriere di Na-
poli, n. 338, 6-7 Dicembre 1893, dove se ne leggono le seguenti no-
tizie:
La facciata è stata condotta su disegno dell’ingegnere cav. Pietro Pulii.
È di stile moderno a tre ordini: la dividono quattro grandi pilastri e un
ordine di colonnine che dalla base si levano fino all’ultimo piano, sormon-
tato da capitelli dorici. Sulle porte s’aprono cinque balconi: le cinque
porte dell’edifizio immettono nel vestibolo: lateralmente ve ne sono altre
due. Delle cinque della facciata tre, a vetri, restano chiuse durante lo spet-
tacolo: le altre, elegantemente tappezzate di stoffa bleu gendarme, lasciano
adito al pubblico. Il cornicione della facciata è sorretto da otto cariatidi
dello scultore de Matteis e tutto l’edificio è coronato nel suo prospetto, nel
mezzo da un gruppo allegorico di tre figure. Il gruppo rappresenta La
musica che corona le arti; è fiancheggiato da due graziosi puttini. Due
cigni che sfiorano con le loro ali spiegate alcuni strumenti musicali son
posti ognuno a un angolo della facciata medesima.
Nel vestibolo, a destra, è uno dei cinque guardaroba; a sinistra lo
spaccio dei biglietti. Di fronte alle tre centrali della facciata s’aprono nel
vestibolo altre tre porte: quella di mezzo conduce alla platea, le due altre
alle poltrone ed ai palchi. Il vestibolo, alto, elegante, comodo, annunzia un
teatro aristocratico e ricco. Chi vi penetra per la grande porta della sala
terrena s’avvede, a prima occhiata, che ogni cura e molti danari non sono
stati risparmiati. Il Fondo, la cui capacità un po’ funebre era vantata,
non ha perduta la capacità, ma s’è liberato da quella pesantezza monotona
di tutta la sua interna fisonomia. La sala si compone di tre ordini di
palchetti a balaustre barocche, solide e svelte, armonizzanti con linea
piacevole con la decorazione generale.
Sul terz'ordine dei palchetti ricorre un ampio anfiteatro, pur a balau-
stra di fusi e a cinque file di posti. La parte centrale dell’anfiteatro e tutta
la sua prima fila, hanno, per i posti distinti, poltroncine fisse, in crèps
rosso. Gli altri posti hanno semplici, ma eleganti e comodi stalli, con un
cuscino.
I palchi sono, interamente, parati di rosso, a fiorami, d’un colore
caldo: j festoni sono di crèps e seta, il dosso delle balaustre è di velluto
d’un bel rosso, scuro, sotto il quale ricorre, in quelli del parterre un fregio
a greca di oro cupo, d’armonia molto severa e gentile col colore sopra-
stante. Ogni palco ha poltrone di crèps e un elegante specchio, dalla cor-
nice bianco ed oro. Un tappeto rosso copre tutto quanto il pavimento di
ciascuno dei palchi, nei quali si trova pur il campanello elettrico che
risponde nel caffè, a terza fila. In ogni corridoio una cassetta telefonica ha
i relativi suoi microfoni rispondenti nella stanza del portinaio: chi è nel
palco e deciderà che la sua carrozza s’avvicini al vestibolo, se ne rimette
al palchettaio che trasmette questo desiderio al guardaporta, il quale a
sua volta lo passa al cocchiere o al servo. Così mentre i signori scendono,
la carrozza è già nell’androne.
L’anfiteatro ha, come fondo o spalliera, un altro zoccolo che arriva
fin a’ principii della cupola. Ovq lo zoccolo finisce ricorre sopra di esso un
cornicione dorato, interrotto da cinque grandi finestroni a tre luci. A’ lati
di ciascuno de’ finestroni son cariatidi, con fine spirito e con molta genia-
lità modellate, grandi come il vero, dallo scultore de Matteis che ha dato
a ognuna d’esse un particolare atteggiamento e il sorriso giocondo della
gioventù che rappresentano.

La cupola assorge svelta, diffusa d’un tenero color cilestrino ch’è Varia
della composizione onde è stata decorata. Il pittore Risi v’ha, in giro,
raffigurate, la Musica e la Danza, atteggiando con grazia e confortando
di fiori d’un vivace colore e di una assai simpatica fattura le molte figure
muliebri di cui si compone la sua allegoria, piacevole senza dubbio e gen-
tile. Ma non scivoliamo nella critica. Ove la cupola si stringe è il lanter-
nino centrale, molto riccamente decorato a bianco e oro e provvisto di
quattro grandi fari di luce elettrica che illuminano tutta la parte alta della
sala. Sull’arcoscenico un bassorilievo del de Matteis rappresenta Apollo
Musagete in mezzo alle sue nove sorelle. Il proscenio ha due colonne per
ciascun lato: tre palchi s’aprono, nelle tre file, tra gl’intercolumni: uno
d’essi, in 2.a fila, è il palco di Corte. Drappi di velluto rosso cupo cadono da’
palchi di proscenio di 2.ae3.afila e coprono fino alla metà la balaustra a
colonnine. Il proscenio ha un bellissimo effetto: esso somiglia molto a quel
della Grande Opera di Parigi, è d’una vista armonica ed elegantemente seria.
La platea ha sei file di poltrone di velluto rosso, molto comode e
d’una forma molto simpatica. Seguono otto file di poltroncine pur rosse
alle quali s’accede per la porta centrale, mentre si va alle poltrone per
due porte laterali, come a S. Carlo. Queste porte son rivestite di crèps a
borchie dorate.
Il palcoscenico, ricostruito di pianta dal macchinista Vincenzo Misuri,
ha conservato la stessa ampiezza antica. Lo si può smontare pezzo per
pezzo e bucarlo ove si vuole: non ha — uso francese — quinte fisse; però
il palcoscenico può essere allargato a piacere o rimpicciolito, secondo le esigenze
dello spettacolo. Il meccanismo pel sipario, d’invenzione del Misuri medesi-
mo, permette a una sola persona la manovra : costui si colloca dietro le quinte
e fa agire il congegno automatico, lasciando scorrere la tela con la rapidità
o la lentezza che si richiede. Come i lettori sanno, il vecchio sipario del
de Napoli è stato fedelissimamente copiato dal pittore Salvatore Cozzolino,
pel nuovo Fondo.
Rappresenta i giuochi lampadii in onor di Cerere, ed è una larga
composizione alla quale V accademia ch’era del tempo del de Napoli giova
e non nuoce. Il quadro ha un fondo di tramonto e sul davanti, presso uno
di quei gruppi di giovani seminudi accorrenti all’ara votiva, un riverbero
della morente luce del sole, d’un vivo effetto. Il così detto comodino è
del bravo Luigi Masi : rappresenta una cortina di stoffe seriche e ha
due porte.
All’anfiteatro s’accede per quattro grandi scale di marmo. In terza
fila è il foyer che affaccia con cinque finestroni sulla Piazza Municipio. Dal
corridoio medesimo s’entra nel fumoir che ha il pavimento di legno. Dal
fumoir s’entra nel caffè concesso allo Starace, decorato gaiamente e fornito
di un completo servizio. Tutti i corridoi hanno le pareti di stucco lucido,
il pavimento di marmo: le sale da fumoir, da foyer e da caffè hanno specchi
e cortine e sono elegantissime e comode.
Il teatro è riscaldato da un gran calorifero sotterraneo e garentito, per
ogni caso d’incendio, da bocche d’acqua e porte d’uscita. Esso può contenere
da 1350 a 1400 spettatori. Il palcoscenico ha numerosi camerini, provvisti di
luce elettrica e spaziosi assai più di quelli che v’erano. Ogni camerino d’ar-
tista ha un tappeto.
Ma sfavorevolmente e riassumendo l’impressione del pubblico, ne
discorre il giornale La Favola Rotonda, A. Ili, n. 51, io Dicembre:
Il Sonzogno — dice lo scrittore — ha fatto distruggere la bella semplicità,
la purezza e la eleganza delle linee architettoniche del teatro Mercadante e,
se ne togli l’ampia linea dell’arco scenico, ha tutto il resto abbandonato al
ridicolo di un gusto ibrido che non ha niente dell’antico e che ha del
moderno le manifestazioni più brutte: la povertà, l’artificio, la frivolezza,
l’assenza di qualunque significato artistico, la volgarità. Adesso, il Merca-
dante, incominciando fin dal disegno esterno, somiglia una graziosa boite a
surprise ed ha la frollezza elegante di una nocellata à fantasie, di una su-
perba croquant, di quelle che, specialmente nelle esposizioni natalizie, for-
mano la gloria e lo splendore dei magazzini di Caflisch e C.i A ciò bisogna
aggiungere che la sala ha assunto con le nuove disposizioni dell’architettura
una perfetta repulsione allo sviluppo delle onde sonore; dimodoché anche
gli artisti più provetti e più ricchi di voce non vi possono fare una bella
figura. Onde il Mercadante forse non sarà mai un felice teatro di musica.
Questi, in poche parole, i guai principali. È probabile, del resto, che il
giudizio del pubblico, a mente più serena e più calma, si possa mutare.
Don Fastidio.

DA LIBRI E PERIODICI
Il prof. Arnone in uno studio sulle Regie tombe del Duomo di Co-
senza (Arch. Star. Nap., XVIII, 2), di cui abbiamo dato un cenno nel
fase. X, A. II della nostra rivista, mette avanti l’ipotesi che la tomba
 
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