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Napoli nobilissima — 3.1894

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

29

NAPOLI
NELLE DESCRIZIONI DEI POETI

Miguel de Cervantes.
Nel capitolo ultimo del suo Viaje del Parnaso, pubblicato la prima
volta in Madrid nel 1614, il Cervantes immagina d’esser caduto, a un
tratto, per opera del dio Morfeo, in un profondo sonno. Quando si
sveglia e gira lo sguardo intorno — parecióme — egli dice
Verme en medio de una ciudad famosa.
Vince lo stupore, guarda e riguarda
Y dijemme à mi mismo : — No me erigano :
Està ciudad es Napoles la ilustre,
Que yo pisé sus ruas mas de un ano.
La sua memoria ricorreva agli avvenimenti di quarant’anni in-
nanzi, quando egli vi era venuto soldato della Lega, ferito glorioso di
Lepanto, colla provvisione di quattro ducati al mese, e vi era stato
per alcuni mesi insignito dell’uffizio... di portatore di mazza del R. Con-
siglio Collaterale (1).
Seguono due terzine, piente d’enfasi elogiativa:
De Italia gloria y aun del mundo lustre,
Pues de cuantas ciudades él encierra
Ninguna puede haber que asi le ilustre.
Apacible en la paz dura en la guerra,
Madre de la abundancia y la nobleza,
De eliseos campos y agradable sierra.
Ma egli non riconosce ora la Napoli d’una volta. Che cosa è ac-
caduto?
Si vaguidos no tengo de cabeza,
Paréceme que està mudada en parte,
De sitio, aunque en aumento de belleza.
^Qué teatro es aquel, donde reparte
Con él cuanto contiene de hermosura,
La gala, la grandeza, industria y arte?
Sin duda, el sueno en mis pàlpebras dura,
Porque este es edificio imaginado
Que execede à toda fiumana compostura.
S’abbatte in un suo amico, a nome Promontorio,
Mancebo en dias, pero gran soldado,
che fa le meraviglie del ritrovarlo, vecchio, così lontano dalla terra
natale :
En mis horas tan frescas y tempranas
Està tierra habité, hijo, — le dije —
Con fuerzas mas briosas y lozanas.
Pero la voluntad que à todos rige,
Digo, el querer del cielo, me ha traido
A parte que me aiegra mas que afflige.
E l’amico gli spiega quale sia lo spettacolo pomposto al quale as-
siste. È quella una gran festa, un torneo, che si celebra in Napoli per
la gioia delle alleanze matrimoniali tra le case reali di Francia e di
Spagna :
De Espana y Francia el regio himeneo.

(1) Le cedole di tesoreria, che provano questo fatto, sono state pubblicate
dal Conforti, I Napoletani a Lepanto, Napoli, 1886, pp. 25-7, XL. Pare che
non tenesse quell’uffizio oltre il Giugno o Luglio 1572.

E gli viene indicando i principali personaggi che pigliano parte al
torneo. Ecco Don Juan de Tàsis,, primo mantenitore del torneo:
Este varon, en liberal notable,
Que una mediana villa le hace conde,
Siendo rey en sus obras admirable:
Este, que sus haberes nunca esconde,
Pues siempre los reparte ó los derrama,
Ya sepa adónde, ó ya no sepa adónde.
Segue un ardito giovinetto, dai colori argento e incarnato: è il
Conte di Lemos:
que dilata
La fama con sus obras por el mundo,
Y que lleguen al cielo en tierra trata;
Y aunque sale al primero, es el segundo
Mantenedor, y en buena cortesia
Està ventaja califico y fundo.
Ecco poi il Duca di Nocera, terzo mantenitore:
El duque de Noterà, luz y guia
Del arte militar.
Quarto,
de Santelmo el fuerte Castellano,
Que al mesmo Marte en el valor prefiero.
Quinto,
otro Enéas el troyano,
Arrociolo, que gana en ser valiente
Al qué fué verdadero, por la mano.
Il Cervantes assiste, immaginario spettatore; e consegna il ricordo
della festa en verso numeroso. Ma chi ne voglia un ragguaglio minuto
in prosa, saprà dal Cervantes stesso
que con alta
Magnifica elegancia milagrosa,
Donde ni sobra punto ni le falta,
El curioso Don Juan de Oquina en prosa
La puso, y dio à la estampa para gloria
De nuestra edad, por esto venturosa,
Ni en fabulosa o verdadera historia
Se halla que otras fiestas hayan sido,
Ni pueden ser, mas dignas de memòria (1).
Ad illustrazione di questo brano occorre domandarsi: Qual’è la
festa alla quale allude il Cervantes? E chi erano i cinque signori dei
quali egli tesse l’elogio? Nelle edizioni del Cervantes, che ho potuto
vedere, nessuna nota viene in nostro aiuto su questo punto.
Circa alla festa a me sembra evidente che dovette essere una di
quelle celebrate in Napoli nel 1612 quando « si pubblicarono li ma-
li trimonij contratti tra il Principe di Spagna e la figliuola del Re di
« Francia, e l’infanta Donn’Anna d’Austria figliuola del nostro Cat-
ti tolico Filippo III Re e Monarca delle Spagne con Luigi XIII Re di
« Francia » (2). E, molto probabilmente, quella del 12 maggio dell’anno
stesso, quando « si ordinò un gran festino in Palazzo e giostra non
« ancor fatta nella città simile, quale fu posto in istampa » : festino
che il viceré di Napoli volle tanto più sontuoso per l’intervento del
Duca d’Ossuna che andava viceré in Sicilia, « onde per questa ca-
li gione Sua Eccellenza, e per la principal cagione degli accennati ma-

(1) Mi son valso per le citazioni del Viaje del Parnaso dell’edizione che se
ne ha nelle Obras del Cervantes, Tomo I della Biblioteca del Rivadeneyra.
Nella nostra Bibl. Nazion. è una copia della prima ediz. Ano 1614, Madrid,
por la viuda de Alonso Martin.
(2) Giornali di Scipione Guerra, ed. De Montemayor, p. 87.
 
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