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Napoli nobilissima — 3.1894

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I72

NAPOLI NOBILISSIMA


Pianta del Palazzo Colonna nella sua condizione presente.

lonnine di tufo con capitelli a fogliame di stile gotico, e
con basi di piperno e tegoli circolari superiori; l’ampio
cortile, allora abbellito da vaghe fontane con la scala a
dritta entrando, che immetteva probabilmente ad un sol
piano, ov’era l’appartamento nobile composto di molte
grandi sale e stanze, che affacciavano con parecchie fine-
stre sulla via Mezzocannone, e sull’abbattuto Sedile di
Porto. In fondo al cortile vedevasi il giardino, che tuttora
esiste e pel quale accedevasi al palazzo piccolo. Una cor-
nice sporgente dal muro e formata da archetti di fabbrica,
secondo il costume del secolo XVI, coronava allora, come
al presente, la facciata del palazzo.
L’altra parte dell’edificio, che formava il palazzo piccolo,
era pure, assai probabilmente, di un sol piano in linea pa-
rallela alla via di Mezzocannone. Esso sovrastava ad un
portico formato da archi di piperno a tutto sesto con tra-
beazione e cornici superiori, pure di piperno.
Allorché l’edificio fu venduto ai Piscopo, che compone-
vano cinque famiglie, ed avevano filande e facevano la-
vori di seta, esso nello stato in cui trovavasi non era suf-
ficiente per l’abitazione delle loro famiglie, nè per l’indu-
stria che esercitavano. Quindi ai nuovi proprietarii con-
venne trasformarlo ed ingrandirlo; riducendolo progressi-
vamente poco più, poco meno nello stato in cui ora ve-
desi. Così mano mano dovettero ridursi a secondo e terzo
piano quei compresi, che in origine erano granai, e forse
anche abitazioni della servitù alla via Mezzocannone. La
rifazione fu fatta senza alcun disegno complessivo, ma a
seconda dell’ occasione, del bisogno e del gusto dei pro-
prietarii che si succedevano, come fan fede la nessuna eu-
ritmia e regolarità della fabbrica. Allora le finestre furono
pure ridotte a balconi; furono aperte le botteghe sulla via
e viceversa furono tompagnati quei portici ch’erano nel
cortile; e fatto in questo a man sinistra un portoncino
per ascendere ai piani superiori nuovamente costruiti. In

seguito dopo il 1796 venne pure ricacciata una piccola abi-
tazione con ingresso separato in quella parte del palazzo
che attaccava coll’antico Sedile.
Anche per le medesime ragioni e nello stesso modo il
palazzo piccolo venuto in potere dei Mirra fu modificato
ed accresciuto. Allora si costruirono i due piani superiori,
e si chiuse il portico sottostante, che fu ridotto a diverse
abitazioni.
Ora il piccone del Risanamento minaccia il bello e no-
bile ingresso dello storico palazzo. Esso deve abbattersi a
vantaggio della salubrità della contrada e del comodo dei
cittadini, ma io son sicuro che il Municipio vorrà farlo
ricostruire e collocare nel nuovo edificio, che in quel sito
dalle fabbriche superstiti risulterà, a perenne ricordo delle
nostre avite e non ingloriose memorie.

fine.
Bartolommeo Capasso.

MEMORIE DEGLI SPAGNUOLI
NELLA CITTÀ DI NAPOLI

VI.
Magistrati b uomini di stato.
Cedant arma togae è una massima che non abbiamo osservato in
questo elenco. Dopo aver passato in rassegna gli uomini d’arme, ve-
diamo le iscrizioni sepolcrali che si riferiscono ai magistrati, agli am-
ministratori, ai varii funzionari del governo spagnuolo in Napoli.
Sul suolo all’ingresso della chiesa di S. Maria la nuova il mar-
chese di Grottola Alfonso Sances faceva porre una lapide in ricordo
del suo congiunto Alfonso Sances, oriundo aragonese, cavaliere dell’or-
dine di S. Giacomo, paggio del re (Regis alumnus), sotto gli auspicii
del quale militò, e divenne poi Tesoriere generale del regno di Na-
poli, e morì l’u marzo 1504(1).
Non saprei dire se questo Alfonso Sances fosse zio, o in qual al-
tro modo congiunto con l’Alfonso Sancius (Sances), di cui si ha me-
moria nella chiesa dell’Annunziata.
Ivi quest’ultimo poneva una memoria a Biandra Ruiz, sua moglie,
forma, pudicitia ecc., morta a 35 anni, il 28 novembre 1542, colla quale
egli era vissuto quattordici anni, otto mesi e undici giorni. Egli s’in-
titola « a Caesaris thesaurarius et consiliis » (2).
Nella stessa chiesa Alfonso Sances veniva sepolto ventidue anni
dopo, e la lunga iscrizione c’informa della sua vita. Compì varie mis-
sioni per la Regina Giovanna, mandato da questa ambasciatore al
Duca di Savoia (ad Allobrogum ducem) e al fratello re Cattolico, poi
per sette anni oratore di Carlo V presso la Repubblica di Venezia,
« pacis cum ea Republ. atrocissimis Italiae temporibus constitutae au-
ctor actorque fuit », poi divenne tesoriere generale del regno di Na-
poli « et in summum otii militiaeque consilii ordinem cooptatus »,
servì Carlo V e Filippo II, e morì a 80 anni il 1564 (3).

(1) D’Engbnio, p. 488.
(2) D’Engbnio, p. 411.
(3) D’Engbnio, p. 405
 
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