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Napoli nobilissima — 3.1894

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

95

Delante de muchos tu fueras mirado;
Amigo, al presente, tu presta patiencia,
Porque à notar tu grand excellencia,
Il gran Titu Libio se viera empachado (i).
Darò notizia di qualche altra iscrizione che si legge o si leggeva
nelle nostre chiese riferentesi al periodo aragonese.
Nella chiesa di Monteoliveto : sepoltura di Galzerano Martin (Gal-
ceranus Martinus), di Valenza, che fu fido consigliere di Re Ferrante
e doganiere del sale della città di Napoli, e morì a 59 anni 1’8 feb-
braio 1484(2).
Nella chiesa di S. Domenico all’entrata di una cappella: sepoltura
di una Blancina di Barcellona, morta a Napoli nel 1469. L’iscrizione
comincia con una considerazione : « O mortali, sappiamo forse quel
« che ci portano i giorni futuri ? Sappiamo il luogo e il giorno della
«nascita, non sappiamo quelli della sepoltura». E continua: «Il mio
« nome è Blancina. La patria, Barcellona. E mentre questa città era
« più gravemente straziata dalla guerra, io per rivedere i figliuoli
« partii per Napoli, dove, al quinto anno di dimora, fui colpita dalla
« morte ». Morì il 28 luglio 1469, di ottanta anni, dei quali passò
settanta sine querela col marito Jacobo Ferrer. Le pose l’iscrizione il
figlio Giovanni (3).
In S. Lorenzo Maggiore: innanzi alla cappella maggiore: sepoltura
del giovinetto Gaspare Peres, morto il 28 settembre 1478, e tumulato
dal padre Gabriele (4).
In S. Giovanni Maggiore: a destra dell’altar maggiore: tomba di
Garsia de Vera, « Ferdinandi regis aerarius », morto il 1495 (5).
In S. Domenico: nel suolo della cappella del Crocefisso: sepoltura
di Giovanni Poo, cavaliere di Majorca, luogotenente del gran Came-
rario, viceré ossia governatore di Sessa, « aliisque honestis muneribus
«terra marique digne functus » sotto Ferrante I e Ferrante II: gli
posero il monumento la moglie Diana e i figli l’anno 1501 (6).
Non parlerò delle sepolture dei reali d’Aragona, che si trovano
riunite quasi tutte, com’è noto, nella sagrestia di S. Domenico; alcune
altre se ne veggono nella chiesa di S. Pietro Martire, ed altre a Mon-
teoliveto. Nella sagrestia di S. Domenico è la cassa di Alfonso I — il
cadavere del Magnanimo soffrì molte traversie e finalmente fu traspor-
tato in Ispagna nel 1667 — e le casse coi corpi di Ferrante I, di Fer-
rante II, di Giovanna d’Aragona moglie di quest’ultimo, d’isabella du-
chessa di Milano: la cassa della superba e bellissima Marchesana del
Vasto D. Maria d’Aragona; quelle dei duchi di Montalto, l’ultimo dei
quali D. Antonio d’Aragona morì a Napoli nel 1584 e in cui si spense
la linea maschile di casa d’Aragona. Riposano lungi i corpi di re Al-
fonso II, morto in Sicilia, di re Federico, morto in Francia, di Fer-
rante Duca di Calabria, morto in Valenza.
Nel coro della chiesa di S. Pietro Martire, si veggono le tombe di
Pietro d’Aragona, fratello di re Alfonso, morto all’assedio di Napoli
il 1439, d'isabella di Chiaromonte, prima moglie di Ferrante, e
di Beatrice d’Aragona, regina d’Ungheria. Nella chiesa di Monteoli-
veto, i frati posero una lapide in memoria del loro benefattore, re
Alfonso II, morto in Sicilia: qui anche furono sepolti Maria d’Ara-
gona, figliuola bastarda di Ferrante, e D. Carlo d’Aragona.
La Regina Giovanna d’Aragona, sorella di Ferdinando il Cattolico,
e seconda moglie di Ferrante di Napoli, dava nel suo testamento le

(1) Cancionero de Lope Stuniga, Còdice del siglo XV, Madrid, Rivade-
neyra, 1872, pp. 381-3.
(2) D’Engenio, p. 506.
(3) Db Stefano, f. 117.
(4) De Stefano, f. 138, D’Engenio, p. 272.
(5) D’Engenio, p. 79.
(6) D’Engenio, p. 278.

disposizioni per la costruzione di una chiesa dedicata a S. Maria della
Concezione : nella quale, « perchè non è conveniente che li corpi delli
« signori Re di casa d’Aragona siano senza honorevole sepoltura »
doveva farsi « un sepolchro di marmo nella tribuna » dove « sieno
« sepolti e collocati li corpi delli predetti Re cioè della felice memoria
« del re Alfonso I, del re Ferrante I e re Ferrante II, quali corpi sono
« comendati in Sancto Domenico di Napoli ». Ma quel sepolcro non
fu fatto, e il corpo della stessa testatri ce restò nella cappella di S. Ma-
ria la Nova, « nel piano ove sin al presente — ai tempi del Sum-
« monte — si scorge il sepolcro con la sua naturale effigie in bianco
« marmo scolpita senza iscrittione » (1). Nel secolo XVII i frati, ve-
dendo dimenticata la tomba della loro benefattrice, vi aggiunsero una
iscrizione, che diceva : « foanna Joannis Aragonum Regis filia altera Fer-
ii dinandi primi Hierusalem et Siciliae Regis uxor hic contumulatur Obiit
aVIdus fan. MDXVII. FF. min. frat.an.Mon. P. (2) »; ma ora se
n’è perduta di nuovo la memoria.
Il Viceré Conte di Miranda, com’è noto, nel 1593, fece restaurare,
ornare e disporre acconciamente le casse nella sagrestia di S. Dome-
nico, dove ancora restano, insieme con tante altre, che danno a quella
sagrestia un bizzarro aspetto di magazzino di cadaveri illustri.
continua.
Benedetto Croce.

NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
Perrinetto da Benevento.
Il nostro amico e collaboratore N. F. Faraglia dirige al nostro re-
dattore B. Croce la seguente lettera:
Caro Benedetto,
Nella mia lettera intorno alle pitture di Perrinetto da Benevento nella
rotonda di ser Gianni Caracciolo in S. Giovanni a Carbonara dissi:
nessuno, per quanto io sappia, s’è dato pensiero di leggere l’iscrizione
del nome del pittore. Ma qui ho sbagliato. L’iscrizione era stata già
letta da Alfonso Miola e la notizia comunicata al Principe Filangieri,
insieme con alcuni documenti rinvenuti nell’Archivio notarile intorno
allo stesso pittore. Ed infatti nel I volume àePPIndice degli artefici, p. 51,
il Filangieri riporta tale iscrizione (veramente con qualche imprecisio-
ne), e sotto il nome Benevento (di) Perrinetto. I documenti dell’Archi-
vio notarile attestano: che il 25 aprile 1454 Perrinetto dipingeva a
fresco nella tributa della chiesa di S. Maria di Agnone in Napoli una
storia pel prezzo di due. 30, e che il 29 settembre 1459, comprava
una casa da Andrea Mariconda, sita presso la chiesa di S. Martino a
Capuana.
Ma quanti s’erano accorti delle notizie sperdute nei due grossi vo-
lumi del Filangieri? Ed io sono contento di averci richiamato su l’at-
tenzione, perchè quell’iscrizione mi pare di singolare importanza.
Credimi sempre
Tuo
N. F. Faraglia.
*
* *
I CAVALLI RUSSI.
Sono di ferro o di bronzo? Di ferro, scrisse il nostro redattore
R. Carafa nell’ultimo fascicolo della nostra rivista. Ora l’egregio sig.
Ing. Giov. Battista Comencini ci dirige una lettera sull’argomento,
dalla quale tagliamo i seguenti brani:

(1) Summonte, Historia, ed. 1675, IV, 15-6.
(2) Db Lellis, Agg. alla Napoli sacra, ms. Bibl. Naz., X, B. 23, fi. 18-9.
 
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