Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Napoli nobilissima — 3.1894

Zitierlink: 
https://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/napoli_nobilissima1894/0133

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

117

uno di essi ha viso giovanile malizioso, testa piccola, chio-
mata, coverta di berretto; l’altro è uomo maturo, sbarbato,
senza chioma con un cappello sul capo.
Coloro, che per risolvere tutte le quistioni della nostra
storia dell’arte hanno con tanta facilità lavorato di fantasia,
ci assicurano francamente, che l’uomo dal pennello è lo
Zingaro, il giovane malizioso è Lippo delle Madonne, e
l’altro raffigura Buono dei Buoni. Così dice il d’Aloe,
aggiunge anzi: « nella figura di Anicio Equizio vogliam
supporre fosse ritratta la fisonomia di Colantonio del
Fiore » (*).
E così s’è fatta la storia. Del resto in questo capitolo
ho voluto sgomberarmi la via; tratterò poi delle pitture
dell'Atrio del Platano.
Nunzio Federico Faraglia.

IL PALAZZO DI FABRIZIO COLONNA
A MEZZOCANNONE
Pagine della Storia di Napoli
studiata nelle sue vie e nei suoi monumenti

IV.
Muleassen re di Tunisi nel palazzo Colonna (1543):
CONTINUAZIONE.
Chi conosce l’indole e le abitudini del nostro popolino,
ben può immaginare come gli arabi ed i mori, che per
necessità, o per diletto transitavano le vie della città, do-
vessero essere sempre seguiti e circondati da una turba
di monelli e di sfaccendati con pertinace curiosità. Nè, co-
me anche oggi talora accade, mancavano occasioni di
scherni, sberleffi e furti. Il Viceré quindi fu ben tosto ob-
bligato ad emanare un bando con le trombette reali, con
cui ordinava « che non sia persona alcuna de qualsevoglia
« grado o condizione se sia faccia dispiacere a detti mori
« a la pena de la vita andandone per la città ad cavallo,
« appede et alloro arbitrio non dandoli dispiacere nullo
« anzi fandoli piacere e cortesia ».
Ma malgrado il bando e malgrado le pene minacciate,
non tardò guari, e si diede il caso di applicarle. Muleassen
essendo d. Garzia, ai io del mese, tornato con le galere
da Genova, era stato obbligato nella sera di quello stesso
giorno a tramutarsi, con tutta la sua Corte, al palazzo di
Ascanio Colonna (2). Ora in questo frattempo un soldato

(1) Le pitture dello Zingaro nel chiostro di s. Severino in Napoli,
op. illustrata. Napoli, 1846, pag. 64.
(2) Tutti i nostri scrittori sopra citati non conoscono la dimora
di Muleassen nel palazzo di D. Garzia di Toledo, e narrano che co-

spagnuolo avendo rubato e ferito uno dei mori « subito
« fo pigliato e perche già ncera lo bando ad pena de la
« vita, il martedì seguente circa vent’hora fu mandato ad
« mistificare passando per lo palazzo dove stava il re, pian-
« tandone le forche appede lo palazzo del re (Seggio di
« Porto) de po se levorno dallà e foro portate appresso
« san Jacobo de li spagnoli fora le mura de la città et
« Uà fo impiccato et morto ».
E vi fu qualche caso anche della parte contraria, perchè
ai 30 giugno avendo un moro assaltato col coltello un
cristiano, questi si andò a lamentare dal re, il quale su-
bito, comunque il cristiano non fosse stato ferito, fe’ pi-
gliare l’aggressore e lo fece impiccare nello stesso luogo
del reato, cioè agli Orefici « et nce lo fè stare fino a la
« matina ad hora de magnare » f* 1).
La via Mezzocannone intanto era più che mai frequen-
tata da gente curiosa, che fermavasi in tanti capannelli in-
torno al palazzo Colonna. Re Muleassen era l’argomento
di tutti i discorsi. Narravansi, e discutevansi con varia
opinione le vicende della sua vita, le sue abitudini, i suoi
costumi. I buoni Napoletani restavano storditi nel sentire
cose tanto nuove e maravigliose.
Dicevasi fra l’altro da coloro che lo conoscevano da vi-
cino, o che avevano alcuna relazione con persone della
sua corte, che il re discendeva da un parente e discepolo
di Maometto, del profeta, che la sua famiglia regnava già
da più che 950 anni sulla Tunisia, e che egli era dotato
di tale e tanta gagliardia ed agilità di corpo che eccelleva
in ogni cavalleresco esercizio. Dicevasi pure che corag-
gioso ed intrepido cacciatore aveva con la zagaglia di sua
mano ammazzato più di 200 leoni, le cui pelli impagliate
ornavano come trofei i portici delle sue ville in Africa.
Dicevano pure che alla forza del corpo univa la coltura
della mente e che era studioso delle dottrine di Averroe,
il gran filosofo che aveva illustrata tra gli Arabi la dot-
trina Aristotelica, ed aggiungevano che già possedeva una
importante biblioteca ricca d’innumerevoli codici e libri,
che fu miseramente distrutta dai soldati di Carlo V nella
presa e nel sacco di Tunisi del 1535 (2). Dicevansi infine,
e gli uditori ne maravigliavano assai, gli strani usi e le
suntuose delizie del viver suo, le rare e preziose vivande
tutte condite di ambra e di muschio, i piatti di pavone
e fagiani che costavano più di 100 ducati (lire 425.00)
per ciascuno, ed i preziosi profumi, di cui continuamente

stui andò prima a Pizzofalcone e poi al palazzo Colonna, mentre, come
afferma il De Spenis, e come appresso si vedrà, avvenne il contrario.
(1) De Spenis, 1. c.
(2) Muleassen, parlando con Giovio in Roma, altamente rimpian-
geva la perdita di preziosi codici arabi nell’incendio di questa biblio-
teca, Giovio, 1. XXXIV; Sandoval, t. II, p. 247.
 
Annotationen