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Napoli nobilissima — 3.1894

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128

NAPOLI NOBILISSIMA

immatura, di questo giovine, che dava del suo vivo ingegno le più
belle speranze, ha fortemente addolorato l’animo di quanti lo han co-
nosciuto. In lui non era più da ammirare la bontà dell’animo, l’im-
macolata candidezza del cuore, che la tenace volontà di studiare ed
apprendere. Addetto nell’Archivio alla Sezione politica e diplomatica,
sotto la direzione amorosa ed assidua del capo di essa, Cav. Raffaele
Batti, galantuomo perfetto e professore abilissimo di paleografia, era
divenuto un elemento utilissimo per quell’ufficio. Leggeva nei libri
degli Angioini come meglio non avrebbe potuto un vecchio esercitato
studioso. Nè questa fatica, atta a stancare la tempra più dura, era
buona a vincere la sua debole e stanca esistenza. Agli esercizi del
suo ministero sacerdotale, aggiungeva ancora il culto degli studii; e
ci lascia parecchi opuscoli pregevolissimi di storia ed archeologia ec-
clesiastica:
Gli uomini illustri di Casa Sanf elice, Napoli, 1885.
Memorie storiche della Chiesa Puteolana, Napoli, 1886.
Documenti risguardanti il B. Giacomo da Viterbo Arcivescovo di Na-
poli, Napoli, 1888.
I Codici della Biblioteca di S. Giovanni a Carbonara spediti a Vienna
nel 1718, Napoli, 1890.
L’edificazione del Duomo di Napoli al tempo degli Angioini, Valle di
Pompei, 1890.
Cenni storici biografici risguardanti S. Pier Celestino, Napoli, 1892.
Don Fastidio

DA LIBRI E PERIODICI
Francesco Pometti, Vigliena. Contributo storico alla rivoluzione na-
poletana del 17^, con documenti e disegni inediti. Napoli, Pontieri,
1894 — di pp. 108.
Di questo bel libro noi dobbiamo restringerci a notare l’appendice,
pp. 85-108, intorno al fortino di Vigliena, ch’è la sola parte che rien-
tri nell’argomento della nostra rivista. Avemmo già occasione (1, 29)
di discorrere del fortino di Vigliena e della sua condizione presente,
accennando a una proposta fatta alla Camera dall’on. Imbriani. Il
Pometti, con una ricerca molto acuta e diligente, alla quale non sa-
premmo rimproverare se non qualche po’ di lungaggine nell’esposi-
zione, dimostra che il fortino fu veramente edificato dall’ultimo viceré
spagnuolo Marchese di Villena, non nel 1700, come scrive il D’Ayala,
ma intorno al 1706, nel periodo degli apparecchi militari contro la
temuta invasione austriaca, che ebbe luogo effettivamente, com’è noto,
l’anno dopo. La più antica notizia se ne ha in una cedola di tesoreria
del luglio 1706 in cui si ordina un pagamento ai « partitarii delli
« Fortini de Vigliena e Granatiello », e si parla dello « scandaglio »
fattone dall’ingegnere. Nelle descrizioni di Napoli e nelle carte topo-
grafiche, non se ne trova nessuna menzione, fino alla carta del 1793
del Rizzi Zannoni. Ciò è strano; ma il Pometti fa osservare che le
carte del Nola e del Carletti (1775 e 1776) segnano al posto del for-
tino tre torri antichi molini a vento, dov’era, a quei tempi, la scuola
pratica d’artiglieria, e ingegnosamente suppone che quella denomina-
zione celi il fortino di Vigliena, il quale dovè sorgere da una trasfor-
mazione di antichi molini a vento. Una tavola, infine, riproduce gli
schizzi delle varie carte topografiche citate, la pianta inedita del for-
tino rinvenuta nella Biblioteca Provinciale, e una veduta in fototipia
dell’abbandonato recinto, nel suo stato presente.
Nella parte sostanziale del libro il Pometti riprende ad esame la
quistione dello scoppio di Vigliena, già trattata dal Turiello in una
bella monografia speciale. Il Turiello aveva concluso « che lo scoppio
« del Forte di Vigliena fu un atto eroico; autori del proposito e del

« fatto furono il Martelli e il Pontari, non il Toscani ». Il Pometti
prova daccapo, in modo più sicuro, che lo scoppio fu volontario e
perciò eroico. Circa gli autori di esso, gitta molti dubbi! sulla testi-
monianza capitale dell’Arcovito, arrecata dal Turiello. Tolta di mezzo
la testimonianza dell’Arcovito, con un abile lavoro di esclusione e ri-
duzione, il Pometti dimostra come la testimonianza più antica ed au-
torevole sia quella del Nardini, riconfermata dal Pepe, che fa autore
dello scoppio il Toscani. E intorno al Toscani, alla patria e alla fa-
miglia di lui, raccoglie molte notizie in un altro capitolo.
Noi non possiamo entrare in un esame particolare di tali quistioni;
ma diremo soltanto che la dimostrazione del Pometti ci sembra molto
ben riuscita. Il libro è scritto in forma vivace e spigliata, e si legge
con piacere.
*
* *
V. Spinazzola, Nuove scoperte di antichità avvenute in Napoli (e-
stratto dalle Notizie degli scavi dei mesi di novembre e dicembre 1893).
Roma, Tipografia della R. Accademia dei Lincei, 1894.
Rende conto degli scavi fatti pel Risanamento nel 1893 in sezione
Porto intorno all’antica cappella di S. Aspreno, che per le nuove sco-
perte vien dimostrata un antico bagno. Parla poi delle due basi di
marmo trovate sotto i muri che sostenevano l’arco del sedile di Porto,
e delle iscrizioni che vi si leggono.
*
* *
Nel fascicolo II, dell’anno in corso, àA\’Archivio storico per le Pro-
vince Napoletane, E. Percopo continua la pubblicazione dei Nuovi do-
cumenti su gli scrittori e gli artisti dei tempi aragonesi. Un capitoletto
è dedicato alla dimora a Napoli di Fra Giocondo da Verona, bene-
dettino olivetano, « famoso ingegnere, architetto, scultore, filologo ed
« antiquario, •— uno di quegli uomini universali di cui la natura fu
« tanto larga all’Italia del Risorgimento ».
Fra Giocondo venne a Napoli intorno al 1489, chiamatovi dal
Duca di Calabria, e vi rimase fino al 1495, quando seguì Carlo Vili
in Francia. Fu chiamato principalmente per compiere la costruzione
del palazzo di Poggioreale, già iniziata da Giuliano da Maiano, e alla
morte di questo (1490) pare che egli ne prendesse il posto come ar-
chitetto capo. Ma dovette avere vari altri incarichi dal Duca di Cala-
bria, quando si pensa ai ricchi beneficii onde fu retribuito. Dei quali
incarichi qualche traccia rimane nei documenti pubblicati dal Pèrcopo.
Nel giugno del 1492 disegnò su venti carte in pergamena alcune for-
tezze esistenti nel reame o altrove; e nello stesso mese pare (la di-
zione del documento non è chiara) che avesse illustrato con cento-
ventisei disegni due libri « de maestro Francesco da Siena in carta
« de papiro scripti ad mano, uno de architetteria, e l’altro de arti-
« gliaria et cose apartenenti a guerra ».
Fra Giocondo tornò a Napoli dopo il 1517, quando eseguì vari la-
vori di intaglio e di prospettiva nella sagrestia di Monteoliveto e nel
coro della cappella di Paolo Tolosa.
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* *
Lo stesso fascicolo Asti.' Archivio storico contiene anche le continua-
zioni delle monografie dello Schifa sopra 11 Ducato di Napoli, del Ma-
M.scx^illCavalier AntonioMicherouxnella reazione napoletana dell’anno
1777, e del Nunziante su I primi anni di Ferdinando d’Aragona e l’in-
vasione di Giovanni d’Angiò. Contiene inoltre un articolo del Croce
col titolo La Corte delle tristi regine a Napoli e il processo verbale
dell’adunanza annuale della Società di Storia Patria.
Don Ferrante.
 
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