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Napoli nobilissima — 3.1894

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112

NAPOLI NOBILISSIMA

Fuori di questi nomi proprii, non mi è riuscito di trovare traccia
di lingua spagnuola nella denominazione dei luoghi di Napoli. Anche
il nome di Zabatteria forse non deriva dallo spagnuolo Zapateria (scar-
peria), ma dalla medesima fonte araba dalla quale gli spagnuoli tol-
sero i loro zapatos come noi italiani le nostre ciabatte (i).
Ma, naturalmente, per questi due secoli di dominazione spagnuola,
le memorie più copiose che restano nella nostra città, sono le iscri-
zioni sepolcrali. Io non intendo formare qui un obituario spagnuolo,
pel quale occorrerebbe fare un largo spoglio dei registri parrocchiali (2).
Mi contenterò di raccogliere, classificare ed illustrare le iscrizioni delle
tombe, che salvo eccezioni, ci ricordano la parte più eletta della co-
lonia spagnuola dimorante in Napoli.
« Non parlo di spagnuoli —■ dice il Capaccio nel Forastiero —
« che per dominio casamenti, magistrati, poderi, feudi, sono fatte in
« questa città e Regno immortali, ancor che ritroverete sepolture in-
« finite di famiglia Mexia, Quesada, Gomez, Basurti, Mardones, Xarqui,
« Iciz, de Quadros, Vega, Urries, Toralta, Manriquez, Castiglio, de
« Rescio, Ruiz, Cartiglio, De Quiros, Maiorga, Coviglio, Parrinos, De
« Salines e tante altre che ritroverete voi quando andarete vedendo
« le chiese nostre » (3).
ComeS. Lorenzo fu la sepoltura totius fere neapolitanae nobilitatisi^),
così la chiesa di S. Giacomo fu la gran sepoltura degli spagnuoli:
molte altre se ne vedevano nelle chiese di S. Luigi e di S. Spirito
di Palazzo, della Solitaria e di S. Maria degli Angeli; di rado se ne
incontravano nelle chiese della parte antica della città.
Conviene anche notare che molti personaggi illustri spagnuoli,
morti in Napoli, furono seppelliti nelle nostre chiese soltanto loco de-
positi, e poi trasportati in Ispagna.
continua.
Benedetto Croce.

NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
Nomi di strade.
Vogliamo tornare su una quistione che ci sta a cuore. Più volte
s’è discorso in questa rubrica delle nuove denominazioni delle vie di
Napoli, date con tanto arbitrio e confusione, malgrado che già da
quattro o cinque anni, per iniziativa del conte Carlo del Pezzo (al-
lora assessore ed ora sindaco di Napoli) e per opera di una Commis-
sione apposta nominata, fossero fatte una serie di proposte bene stu-
diate e tra di loro connessa (cfr. questa rivista spec. II, 78).
Alla confusione contribuì anche il regio commissario Saredo, il
quale, con una fretta di cui non si capisce la ragione (cfr. questa ri-
vista, I, 29), e senza tener conto del lavoro della Commissione, volle
battezzare in anticipazione parecchie vie del piano di risanamento; e
lo fece con pessimo gusto.
Al rettifilo dette, per esempio, questo nome: Corso Re d’Italia.
E perchè no: Corso presidente del Consiglio, Corso ministro dell’interno,
Corso presidente corte cassazione, corso maresciallo dei carabinieri? Che
significato ha questo battesimo tolto dal titolo dell’ufficio?
Dite: Corso Umberto 1, e sta bene; è il nome del nostro re, tanto
benemerito di Napoli e dell’opera del risanamento.

Paria Monnezza), probabilmente da qualche nome spagnuolo. Nel 1850 fu
mutato e battezzata: Via Porta di Massa, perchè monnezza parve poco pu-
lito (in diai. napol. : immondizia). Vedi nel Giambattista Basile, Rivista di
lett. popol., Ili, 83.
(1) Ciabatte è tra le voci intorno alla cui etimologia disputano i filologi:
se derivi dall’arabo, dal basco (?) o dal latino. Per l’etimologia araba si
risolveva, nel seicento, il buon canonico Celano: Zabatteria, «perchè antica-
mente altre botteghe « non vi erano che di scarpe che in lingua mora zabat
si chiamano. » Celano, IV, 223).
(2) Tale spoglio va compiendo, per alcune sue ricerche nobiliari, il mio
amico Cav. Lorenzo Salazar.
(3) Forastiero, p. 688.
(4) Surgente, Neapolis illustrata, Nap., 1602, p. 77.

Se non che, il nome Umberto I è stato già dato ad altri luoghi
della città; e di qui nacque il buffonesco ripiego del Saredo.
Non potendosi dunque dare il nome del Re, perchè non pensare
a un’altra denominazione più opportuna e più significativa? Per me,
intitolerei il rettifilo semplicemente: Via del Risanamento.
Quella grande via, che sarà la maggiore di Napoli, rappresenta
veramente il risanamento igienico e morale di una grande parte della
città. E il nome avrebbe il merito di significar qualche cosa, pur non
essendo nè enfatico, nè rettorico.

*
* *

Ancora sullo stesso argomento.
Tra i molti e bei nomi proposti dalla Commissione nella sua re-
lazione, ce n’è uno sul quale vogliamo richiamare l’attenzione.
È il nome di Cesario Console.
« Cesario Console — dice la Relazione della Commissione (p. 25) —
fu figlio di Sergio I, duca di Napoli; e l’anno 849, alla testa dei Na-
poletani, Amalfitani e Gaetani, andati in soccorso di papa Leone IV
contro i Saraceni, che tentarono d’invadere Roma e Gaeta, ne ottenne
sul litorale di Ostia splendida vittoria. L’orazione, composta dal Papa
in quell’occasione, si recita ancora nella chiesa cattolica, ed è glo-
riosa memoria di un fatto così insigne nella storia di Napoli ».
Il territorio della storia ha le sue penembre, e in penombra è re-
stato fino agli ultimi tempi il nome e l’attività militare del valoroso
Cesario. Ma la grande raccolta dei monumenti del ducato napoletano
fatta dal Capasso, e la storia che del ducato napoletano va pubbli-
cando sull’Archivio Storico il nostro collega Michelangelo Schipa, lo
han rimesso in piena luce. La Società Storica Napoletana scrisse, qual-
che anno fa, una lettera al Ministro della Marina, per proporre che
il nome di Cesario da Napoli si tenga presente pel battesimo di qual-
cuna delle navi da guerra in costruzione.
« La chiesa — così conclude lo Schipa la sua bella narrazione —
s’appropriò quella vittoria come trionfo suo; ne fissò la memoria
nella sua liturgia, e tuttodì il clero rammenta la giornata di Ostia
con sacre azioni di grazie. L’arte la immortalò anch’essa. E un affre-
sco di Raffaello la rappresenta nella Camera di torre Borgia, in Va-
ticano, come uno dei trionfi del Pontificato. Ma la storia deve dare
alle città nostre della Campania, e singolarmente a Cesario, che ne
guidò le forze, il merito reale di quella che fu la più insigne vittoria
navale ottenuta dai cristiani sugl’infedeli prima della battaglia di Le-
panto. Lode, dunque, alla nazione italiana, che una lega d’italiani
fosse autrice degli splendidi inizii di questa prima crociata; e lode
alle città alleate, il cui valore refulse tanto tempo prima che il po-
polo italiano si ridestasse a novella vita » (in Arcb. Stor. Nap.,
XVII, 622).
Perchè non dare questo bel nome di Cesario a una delle braccia
del rettifilo?

Ancora.
Per l’altro braccio del rettifilo la Commissione propose il nome
di Via di Porto.
« Via di Porto ■— dice la Relazione (p. 9) — che anticamente si
chiamava Via dell’Olmo, tracciata probabilmente ai tempi angioini, una
delle strade più famose dell’antica Napoli, che fino al seicento era il
centro della vita commerciale del popolo napoletano ».
E a noi è sembrato opportuno ricordare queste proposte, perchè
crediamo che ora, nell’occasione delle feste estive, inaugurandosi la
parte compiuta del rettifilo, si dovrà pensate anche definitivamente
alla denominazione di essa.

Il Corriere dì Napoli ha ristampato in uno dei suoi numeri di que-
sto mese come cosa sua l’articolo del nostro redattore Riccardo Ca-
rafa sui Cavalli di ferro della reggia (Napoli nobiliss., Ili, fase. 5), e la
nota che ad esso fa seguito dell’ing. Comencini (fase. 6).
Noi dobbiamo pregare i giornali quotidiani, che ci fanno l’onore
di servirsi dei nostri articoli, di volerci usare la cortesia di notare il
luogo donde li tolgono. Per quanto a noi piaccia che le notizie, che
con molta fatica andiamo raccogliendo sulla nostra città, siano divul-
gate, gli articoli, pubblicati nella Napoli nobilissima, non sono addirit-
tura res nullius.

Don Fastidio.
 
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