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Napoli nobilissima — 3.1894

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176

NAPOLI NOBILISSIMA

Nella chiesa delle Convertite Spagnuole una lapide del 1685 ricor-
dava una suora Angelica da San Giuseppe, nel secolo Anna Zevallos,
di nazione spagnuola, nata in Messina, la quale « e mundi deliciis ad
« meliores et coelestes Neapoli mirabiliter rapta est », e fece peni-
tenza in quel monastero, che largamente aiutò colle sue largizioni. Le
posero la lapide i governatori del conservatorio (1).
Vili.
Molte altre iscrizioni sono di gente perfettamente oscura, non sal-
vata neanche dai titoli degli uffici, che non ebbero, o modestamente
vollero tacere sulle loro tombe. Il che non vuol dire che, probabil-
mente, non fossero brava gente, più utile di parecchi dei militari, dei
magistrati e dei prelati, che abbiamo finora menzionato.
Così, nella chiesa di S. Giacomo degli Spagnuoli, si trovavano le
memorie di Francesco Carrillo (1560), di Francesco Tarrago (1571),
di Francesco Parrinet da Barcellona, del figliuolo Giambattista e della
moglie Beatrice Scaliglies (1586). In S. Luigi di Palazzo: Diego Avaio
e Leocadia sua moglie della casa dei Ponza Leon (1574), Bernardino
Corduba e sua moglie Isabella Muniz (1577), Francesco Vera e sua
moglie Porzia Ugada (1579)- In S. Spirito: Giovanni de Figueroa (1602),
Andrea Perino de Palacios (1605), Bartolomé Priet e Anna Lopez (1607),
Adriana Morales (1617), Maria Ramirez moglie di Alvaro Ortiz de Or-
dux (1618), D. Manuel Pinto de Roca e la moglie D.“ Paula Texeira
de Carvahlo (1639). In S. Anna: Caterina Vasquez vedova di Lope de
Avila cavalier di S. Stefano (1634). In S. Caterina a Formelle : Ro-
drigo Mendoza (1544). In S. Severino: Giovanna de la Rossa, spa-
gnuola, figlia di Ferdinando Torella, e moglie di Marcantonio de Leo
(1578). In S. Severo Maggiore: Giovanni e Anna Berteroczi de Ara-
gona (1611). E qualche altra simile iscrizione che ora mi sfugge.
Oltre il secolo XVII, le lapidi sepolcrali degli spagnuoli diventano
rare, ed io tralascio di raccoglierle, perchè non servirebbero al mio
scopo (2).
S’incontrano frequenti nelle chiese lapidi di famiglie spagnuole,
che si stabilirono e naturalizzarono nel regno. Così nella chiesa di
S. Giacomo se ne leggono per Giuseppe Munoz (1818), per un Pietro
e per un Carlo Afan de Ribera (1819, 1852), per un Giuseppe de
Montemayor (1830).
E anche ai piedi della tomba di D. Pietro di Toledo si può leg-
gere l’iscrizione sepolcrale di una Marchesa di Villafranca, morta il
1835 (3)-
Benedetto Croce.

NOTIZIE ED OSSERVAZIONI

Artisti della fabbrica di Capodimonte.
II comm. Pompeo Carafa Noia ci manda alcune sue osservazioni
a proposito di una nota apposta dal nostro redattore Ludovico de la
Ville sur-Yllon al suo articolo sulla R. Fabbrica di porcellana di Capo-
dimonte durante il regno di Carlo III (a. Ili, fase. IX).

(1) Celano, ed. Chiarini, IV, 622.
(2) Parecchie si riferiscono a famiglie spagnuole che vennero nel regno con
Carlo III. Così nella chiesa della Nunziatella c’è il monumento sepolcrale del
Marchese Giovanni Assentio de Goyzueta, che seguì Carlo III nella sua spe-
dizione, e morì di 70 anni nel 1783.
(3) L’iscrizione è questa: « Mariae Thomasae Palafox et Portocarrero Vil-
lafrancae Marchionissae Medina Sidoniae et Fernandina Ducissae ex proceribus
primae classis Hispaniarum regalis ordinis Mariae Aloysiae ect. ect. ect. sanc-
titate morum effusa in pauperes largitale piotate in Deum spectatissimae
praeter votum filli posuerunt. Nata Matriti nonis martiis MDCCLXXX Desi-
derium sui fecit prope Neapolim ad S. Georgium Cremanum pridie Idus
Octobris a. MDCCCXXXV ».

Egli desidera che nel dar giudizio intorno alla prefazione da lui
scritta pel Catalogo dell’Esposizione napoletana di arte antica, sulla
fabbrica di porcellana di Capodimonte, si tenga presente che nel 1877
non erano state ancora pubblicate le monografie del Minieri Riccio,
che illustrarono per la prima volta, con ricco materiale di documenti,
la storia di quella fabbrica. E se la sua firma appare sotto la prefa-
zione, non appare sotto le attribuzioni del Catalogo, delle quali come
non fu solo autore, così non intende prendere solo la responsabilità.
Quanto ai nomi di artisti Ciccio, Peppe ecc., egli crede che sieno
la forma familiare dei nomi di alcuni di quegli artisti, dei quali i do-
cumenti dell’Archivio di Stato ci danno esattamente nome e cognome.
Pel nome del Fiorentiniello, la cosa va a questo modo. Avendo egli
(il Carafa Noia) acquistato molti anni sono dall’antiquario Angelo Al-
fieri un piccolo servizio da caffè in terraglia decorato finamente, volle
mostrarlo a due vecchi lavoranti della R. Fabbrica, l’Accietto (che
aveva 95 anni) e il Cipolla, che ne aveva pochi di meno, e quei due
gli dissero ch’era lavoro di Capodimonte, decorato dal Fiorentiniello:
un artista venuto da Firenze per dipingere paesaggi.
A queste osservazioni noi potremmo rispondere: i°) che, se nel
1877 i lavori del Minieri Riccio non erano stati pubblicati, i docu-
menti relativi alla fabbrica di porcellana erano sempre a disposizione
degli studiosi nell’Archivio di Stato; 20) che, se anche i nomignoli
di Ciccio, Peppe, ecc. alludono ad alcuni degli artisti della fabbrica, il
darli senza i nomi corrispondenti non ha nessun valore; 30) che, ri-
spetto al Fiorentiniello, noi, per esperienza fatta, non abbiamo nessuna
fede nelle tradizioni orali, che sono sempre confusissime e piene d’e¬
sagerazioni ed invenzioni. Ma non vogliamo entrare in una polemica,
lasciando i lettori giudici della cosa.
Don Fastidio.

DA LIBRI E PERIODICI
La Puglia, numero unico diretto da G. A. Pugliese, edito da
V. Vecchi sotto il patronato del Comitato Ordinatore del V Congresso
della Dante Alighieri in Bari.
Questo numero unico, stampato con molta eleganza di tipi e con
ricchezza di illustrazioni, non è delle solite pubblicazioni di occasione,
nelle quali pur di riempire lo spazio si riuniscono lavori degli argo-
menti più disparati.
In questa tutti gli articoli sono informati al concetto unico di dare
sommariamente un’idea della regione pugliese nelle sue molteplici at-
tività. Omissioni ve ne sono e non poche, ma bisogna tener conto
del breve tempo in cui è stata messa insieme la pubblicazione, la
quale ad ogni modo riesce molto utile e sarà consultata con profitto
anche nell’avvenire.
Dell’arte pugliese del Medioevo parla il Sylos in un breve ma suc-
coso articolo, delle Basiliche Palatine il Pizzorni, dei Musei il Jatta,
il Karusio, e il Perotti, e dei moderni artisti pugliesi il Cotogno e
il Pastina.
Le illustrazioni riproducono il Castello del Monte, la collegiata di
S. Maria di Barletta, le cattedrali di Trani, Ruvo, Bitonto e Troia, le
basiliche di S. Nicola di Bari, di Acquaviva, di Altamura e di S. Mi-
chele del Gargano, il castello di Lucerà e il monumento ai Tredici.
Ai piedi di ciascuna di esse vi sono delle note, non sempre in verità
molto esatte.
Don Ferrante.
 
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