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Napoli nobilissima — 3.1894

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68

NAPOLI NOBILISSIMA

« damasco turchino guarnito di francie d’oro e finalmente
« una mantiglia di seta bianca ferrata de broccato piccato
« et uno robone de damasco nigro » (x).
Degl’illustri sposi dei quali ben può dirsi con l’Ariosto
che
di lei degno egli, e degna ella di lui
nè meglio si accoppiaro unque altri dui
10 non debbo, nè posso occuparmi. A chi non è noto
11 Marchese di Pescara e le sue gesta gloriose? chi non
sa del vincitor di Pavia, cui solo il re Francesco I di
Francia volle consegnar la sua spada e rendersi prigio-
niero? Chi ignora colui che fu stimato degno della co-
rona del regno di Napoli, e che fece non certo per vil-
tade il gran rifiuto? Nè è oscura la fama della sua cul-
tura letteraria. Discepolo del Musefilo e cultore delle Muse,
egli non fu l’ultimo tra quei Pontaniani, che frequenta-
vano la casa di Girolamo Carbone (1 2 3). E di Vittoria Co-
lonna chi non ricorda il nome e la fama? I suoi contem-
poranei fecero a gara a lodarla, papi e cardinali, sovrani
e principi, scienziati e letterati, poeti ed artisti, tutti ne
predicarono le qualità dell’animo e le bellezze del corpo.
Andrea di Asola così nel 1515 riassumeva i sentimenti
di tutti i suoi contemporanei (3): « La viva fama delle
« immortali, et divine sue bellezze: le quali di giorno in
« giorno, così con la giovinetta età crescendo vanno, et
« se stesse avanzando, che veramente si crede; e’1 mondo
« ne ragiona; che ne in questa nostra, ne in qual altra si
« voglia età donna più bella, o più compiuta si vide: Et
« quantunque questo infinitamente sia; le bellezze dell’a-
« nimo perciò di quelle del corpo niente minori sono;
« anzi di gran lunga le trapassano pure: perche quelle
« niuna cosa hanno, che naturale non sia: et queste, l’arte
« non meno chella natura seco unita tengono: le quali
« cose, si come le care gemme la vostra bionda testa or-
« nano, et abbelliscono; così di tutte le belle et pregiate
« virtuti, quasi celeste arco di mille colori dipinto, isplen-
« dida et vaghissima a’ riguardanti vi dimostrano. Flone-
« state, vergogna, senno, modestia, cortesia, puritate, gra-
« tia, castità, magnificenza, et eloquenza tanta, quanta in
« valorosa donna, desiderar si potrebbe; in voi sola tutte
« et abondevolmente si vedono ».

(1) Il eh. Reumont (Vita di V. C., p. 14) crede che il donativo
dello sposo ammontasse al valore di quei 4466 ducati promessi nei
capitoli matrimoniali del 1507, ma confonde questo col datario, che
era l’assegno vitalizio, che doveva farsi alla vedova in caso di scio-
glimento di matrimonio, e doveva corrispondere al terzo della dote,
e perciò dicevasi anche terziaria.
(2) V. Minieri, Biografie dei Pontaniani.
(3) Lettera dedicatoria del Dante stampata in Venezia nel detto
anno, ch’è ripetuta dal Tordi, Supplemento al Carteggio, p. 5.


La sua fama grande dunque nel secolo in cui visse, non
meno grande nei secoli successivi, è specialmente gran-
dissima in questo nostro, che volge al suo termine, come
fan fede gli studii fatti e le opere in grandissimo numero
sulla medesima in Italia e fuori recentemente pubblicate.
Ed a farla viemmaggiormente conoscere nell’universale con-
tribuirono la bella vita, che ne scrisse il Reumont ed il
Carteggio non guari pubblicato da Mùller e Ferrerò, ed
ampliato più recentemente dal Tordi.
D’altra parte nè di lei, nè del marito, dopo degli spon-
sali, troviamo alcuna speciale memoria nel palazzo di Mez-
zocannone, comunque è da supporre che, finché vissero i
genitori, non mancassero di allietarlo con la loro presenza.
Nei primi tempi del matrimonio, quando stettero in Na-
poli, gli sposi abitarono la casa d’Avalos a S.“ Maria Mag-
giore nella città o la villa Pietralba, anche degli Avalos,
posta sul versante del monte di S. Elmo. Più spesso abi-
tarono in Ischia presso la duchessa di Francavilla, e Vit-
toria dopo la morte del padre e del marito raramente fu
in Napoli. Io non debbo dunque, nè posso per la natura
dell’argomento favellare della illustre donna; mi basterà
soltanto notare qualche nuovo e finora ignoto particolare
della sua vita privata che ho potuto ricavare da un pro-
cesso del 1552 conservato nel nostro archivio di Stato (T).
Sono per avventura particolari di non molto conto, nè
per verità riguardano in modo diretto il mio argomento.


Suggello di Vittoria Colonna. Facsimile. Dis. A. Sambon.

(1) Processo n. 5390 della Pandetta novissima nell’Archivio di Stato
in Napoli.
 
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