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Napoli nobilissima — 3.1894

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NAPOLI NOBILISSIMA

è tramezzata da croci in piperno, in modo che ogni vano
è diviso in quattro luci, di cui le superiori sono quadrate.
Eleganti modonature ricorrono tutt’ intorno e fa da cornice
un cordone rilevato e poggiante su eleganti mensolette a
fogliami.
Chi sia stato l’architetto di questa bella costruzione non

Nel 1627 il sarcofago fu aperto e « vi fu trovato den-
« tro un cadavere intiero con tutti suoi vestimenti senza
« alcuna putrefazione » (x). Il sarcofago fu allora traspor-
tato nella prima cappella a destra, dove tuttora si vede,
e sotto il baldacchino fu elevato un’altare essendosi sco-
verto sotto l’intonaco un antico affresco della SS. Trinità

si conosce I1). Il Catalani mise avanti il nome di Antonio

figurata dal Crocefisso tra le braccia del Padre e lo Spirito

zio

questo monumento e

Baboccio da Piperno,
secolo XIV e l’inizio

che fiorì appunto tra il cadere del
del XV, e che scolpì il sepolcro

Santo librato sulla croce in foggia di colomba. Anche O-
nofrio di Penna, che eresse allo

dello stesso Antonio
di Penna nella chiesa
di S. Chiara (2). Sorge
questo sepolcro a si-
nistra della porta
maggiore del tempio.
Il consueto baldacchi-
no ogivale, ornato da
fogliami, da meda-
glioni di santi e dalle
armi dei Penna, è so-
stenuto da quattro
svelte colonne con
ricchi capitelli. Le
due colonne anteriori
poggiano su due leoni
e sono ravvolte in-
tieramente da tralci di
vite colle foglie e i
grappoli; quelle po-
steriori sono lisce, e
su di una è un cartello
con la scritta: Abas
Antonius Babosius de
Piperno me fecit et
portam maiorem Ka-
tedralis Ecclesie Nea-


Ingresso del palazzo Penna — (Da fotografia).

che gli successe nel-
l’ufficio di segretario
regio presso Ladislao
e poi presso Giovan-
na II, fu sepolto qui
presso con altri della
famiglia.
Ma l’esame così di
questa come delle al-
tre opere del Baboc-
cio (2 3 4) non mi pare
che conforti la con-
gettura messa avanti
dal Catalani. Il Ba-
boccio seguì fedel-
mente, rigidamente,
con pedanteria spes-
so, lo stile ogivale,
mentre nel palazzo
Penna si rivela l’o¬
pera di un artista col-
to, che tenta di eman-
ciparsi dallo stile in
voga, che ricerca nuo-
ve forme.
Ad Antonio di
Penna successe nella

politane. Honuphrius de Penna Regis Ladislai secretarius fieri
fecit. Sotto il baldacchino, all’altezza di circa tre palmi, era
il sarcofago sostenuto da colonnette e ornato da un bas-
sorilievo della Vergine tra alcuni santi anacoreti. Intorno
erano incisi questi versi:
Praemia si meritis donant condignia superni
Hic MERUIT SUPERUM POST SUA FATA LOCUM,
Dum vixerit virtute micans bonus ATQUE MODESTUS
Secretus regis consiliator erat.
PUBLICA SEMPER AMANS ANTONIUS ISTE VOCATUS
De Penna dictus quem tegit iste lapis.

(1) Il De Dominici (Vite dei pittori, ecc., ed. 1840, I, 91) l’attri-
buisce al solito Masuccio I, vissuto, secondo lui, nel secolo XIII!
(2) Catalani, I Palazzi di Napoli, pp. 537.

proprietà del palazzo il nipote Onofrio. Con lui la famiglia
si stabilì definitivamente a Napoli, ma non lasciò nessuna
traccia negli avvenimenti della città e del regno. Noi non
sappiamo nè anche come e in che tempo il palazzo pas-
sasse alla famiglia Rocca (3) e poi agli Scannapieco. È certo
che nel 1558 ne era proprietaria Aloisia Scannapieco, la
quale appunto in quell’anno lo donava in fedecommesso a
Giov. Geronimo Capano suo figlio in contemplazione del
suo matrimonio con Lucrezia de Sangro (4). Il palazzo ti-
fi) In un zibaldone del principio del secolo XVII conservato nella
Biblioteca Nazionale, Ms. segnato XIV, C. 21, al f. 240 t.
(2) Per l’elenco di esse vedi Filangieri, Indice degli Artefici, voi.
V dei Documenti per la storia, ecc., p. 43.
(3) Celano, ed. Chiarini, IV, 52.
(4) Di questo atto, stipulato nel io gennaio 1558 dal not. Fran-
cesco Mignone, si trova notizia nel citato fascio dei Monasteri soppressi.
 
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