Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Napoli nobilissima — 3.1894

Zitierlink: 
https://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/napoli_nobilissima1894/0140

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
124

NAPOLI NOBILISSIMA

1544 nelle acque di Baia contro il corsaro Barbarossa. Il quale, sbar-
cato prima ad Ischia, fece un tentativo su Pozzuoli; ma, vistosi venir
contro il viceré, si ritirò. Il bassorilievo ha lo scenario del castello
di Baia, col monte di Procida in lontananza: nell’insenatura di Baia
son le navi nemiche; il viceré viene armato, a capo dei suoi uomini,
in atto minaccioso.
La terza, finalmente, nel lato posteriore, ritrae il ricevimento fatto
in Napoli nel 1535 a Carlo V. La scena è presso Porta Capuana. Di
fuori la porta, dal lato di sinistra, si avanza il corteo festante; Don
Pietro è smontato da cavallo ed aspetta l’imperatore.
Sulla cassa così adorna sono, inginocchiate, le statue di D. Pietro
e della sua prima moglie D.a Maria Ossorio Pimentel, contornate di
alcuni puttini in atto mesto. D. Pietro, armato e grave; D.a Maria,
legge, compunta, in un libro di devozione.
Il monumento è compiuto da quattro figure allegoriche, la Giusti-
zia, la Prudenza, la Temperanza e la Fortezza, che sorgono ai quat-
tro angoli.
Gli scrittori nostri celebrano con grandi lodi tale opera di Gio-
vanni da Nola. Il Vasari s’era contentato di dirla « condotta con
«molta diligenza». Ma il Celano calca la mano, notando: «Questa
« è un’opera che ha del meraviglioso; in modo che non ha potuto
« essere in tutto biasimata da Giorgio Vasari ». E continua parlando
delle due famose statue del viceré e della viceregina; dei bassorilievi
che paion fatti da mano divina-, degli arabeschi ed ornamenti così deli-
cati che migliori non si potrebbero riconoscere in cera .... (1).
Ma con qualche severità lo ha giudicato invece la critica recente.
Il Burckhardt comincia col notare che nell’insieme è imitato, e non
felicemente, dalla tomba di Francesco I di Francia in S. Dionigi.
« L’esecuzione è ricca e accurata: il Viceré e sua moglie sono ingi-
« nocchiati su un enorme sarcofago sopra cuscini : agli angoli del ba-
« samento, che è anche più grande e miserevolmente decorato, vi sono
« quattro figure allegoriche » (2). Lo stesso giudizio viene accettato
dal Frizzoni, che vede nel monumento un esempio di decadenza così
dell’arte architettonica, come della scultoria, « quando non si voglia
« ritenere per grande ed elevato ciò che ha soltanto del massiccio e
« del farraginoso » (3).
E tale giudizio sarà accettato generalmente dai buongustai d’arte.
Il Burckhardt e il Frizzoni credono inoltre che l’opera sia, piut-
tosto che di Giovan da Nola, della sua scuola; e il Frizzoni soggiunge:
« senza voler negare recisamente che il capo della medesima ne ab-
« bia avuto l’incarico e abbia avuto qualche parte nella direzione ».
Già, prima di Don Pietro di Toledo, alcuni altri viceré spagnuoli
morirono nell’esercizio del loro officio: ma sulle tombe di essi non
restano lapidi o monumenti. Morì il 2 dicembre 1516 in Napoli Ber-
nardo Villamarino, conte di Capaccio, luogotenente generale del re-
gno, e su sepolto nella chiesa di Piedigrotta (4). Morì il io marzo
1522 il viceré Don Raimondo di Cardona, ma fu sepolto loco depositi
nella chiesa di S. Barbara e poi trasportato nella chiesa del Monser-
rato (5). Morì nella battaglia navale di Capo d’Orso, il 1578, il viceré
Don Ugo Moncada, e il cadavere fu trasportato prima ad Amalfi e poi
a Valenza (6). Il viceré D. Carlo Lannoy principe di Sulmona e il
cardinale Pompeo Colonna furono sepolti nella cappella dei Lannoy
nella chiesa di Monteoliveto.

(1) Celano, IV, 378.
(2) Der Cicerone, 6.« ediz., Leipzig, 1893, P. Il, p. 454.
(3) G. Frizzoni, Arte italiana del Rinascimento, pp. 86-8.
(4) Parrino, Teatro, I, 139.
(5) Parrino, I, 131.
(6) Parrino, I, 170.

Di due viceregine si leggevano le memorie sepolcrali nella chiesa
di S. Sebastiano e in quella dell’Annunziata: ossia di Isabella di Car-
dona, moglie di Bernardo Villamarino, cui fu messa la lapide della
figliuola Isabella principessa di Salerno il 1549(1); e d'isabella di Re-
quesens, moglie di D. Raimondo di Cardona. « Questa Isabella » —
dice il De Stefano — « fu una bellissima donna, e sta in un sepol-
« ero di marmo sull’altare maggiore a man destra quando si entra,
« un palmo sopra terra, con un cancellata di ferro sopra, acciò non
« si consumi il marmo per essere finissimo lavoro .... » (2).
Dopo il Toledo morirono a Napoli altri viceré: il primo Duca di
Alcalà, il primo Conte di Lemos e il Marchese del Carpio. Il corpo
del Conte di Lemos fu collocato in deposito nella chiesa della Croce
di Palazzo (3); quello del Marchese del Carpio nella chiesa del Car-
mine, dove una lunga iscrizione ricorda così lui, come due viceré del
periodo austriaco, il Cardinal Grimani e il viceré Conte di Galles (4).
IV.
Tombe di capitani illustri.
Il gruppo più notevole delle iscrizioni sepolcrali spaglinole in Na-
poli nei secoli XVI e XVII è formato dalle iscrizioni che si riferiscono
agli uomini d’arme: a quei valorosi e geniali capitani che nel se-
colo XVI guidarono la giovane fortuna delle armi spagnuole in Italia,
in Africa, in Germania, in Fiandra; a quei, meno famosi, che, ligii
al loro dovere, pieni ancora del sentimento della grandezza spagnuola,
ne sorressero la decadente fortuna nel secolo XVII.
E qui s’incontrano nomi di prim’ordine di quella scuola di milizia
ispano-italiana che fu dominante nel periodo sovraccennato. Ecco il
Marchese di Pescara, ecco Pietro Navarro, ecco Giovanni Dorbino; e
una lunga serie di astri minori li circonda.
Nulla dirò della cassa che chiude le ossa di Francesco Ferrante
d’Avalos, marchese di Pescara, la quale si trova, com’è noto, nella
sagrestia di S. Domenico (5). Il Fiorentino, dopo aver detto inesatta-
mente che il corpo di Vittoria Colonna giace nella stessa sagrestia
accanto a quello del marito, soggiunge : « Quando io vidi così ne-
« glette come giacciono ora le due casse mortuarie che rinchiudono
« la più colta donna ed il più grande capitano; quando io vidi irru-
« ginita ed obliata quella spada che vinse Francesco I a Pavia, la
« prima spada d’Italia, dopo quella di Vittorio Emanuele; deplorai,
« sdegnato dal profondo dell’animo, la sonnolenza di questa città,
« che sa esaltarsi soltanto per uomini che persona al mondo non le
« invidierà mai » (6). Ed io che ho sempre creduto che il nome di
Vittoria Colonna sia circondato da troppi e immeritati onori, e che
noi siamo, rispetto a lei, eredi, in parte, dell’adulazione e dell’esage-
razione dei contemporanei; per ciò che concerne il Marchese di Pe-
scara, non so trattenermi dal notare che la prima spada d’Italia era
quella del più fiero odiatore e sprezzatore degl’italiani, di un oriundo
spagnuolo che teneva ad affermarsi spagnuolo e non italiano. La
prima spada d’Italia! A me, a dir vero, non piacciono simili frasi e

(1) De Stefano, f. 178.
(2) De Stefano, f. 48.
(3) Ecco la nota di morte del Conte di Lemos, tratta dall’obituario di
S. Anna di Palazzo, f. 69: « Don Fernando Ruiz de Castro y Andrade Conde
« de Lemos y de Anrada Marques de Sarria conde de Villalva, virrey y
« lugarteniente y capitan generai de este reyno de Napoles por su Mag., ma-
li rido de dona Catalina de (Juniga y Sandoval Condessa de Lemos murió
« a 20 del mes de Otubre de 1602 y se sepelió loco depositi en la yglesia de
« la Cruz. ».
(4) L’iscrizione è dietro la porta maggiore: cfr. Chiarini in Celano, IV,
216-7.
(5) Cfr. per tutti Volficella, Descr., p. 271, e note relative 436-8.
(6) Note alle Liriche del Tansillo, p. 266.
 
Annotationen