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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 14.1905

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Nr. 1
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Bernich, Ettore: Il chiostro del convento di Piedigrotta
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Brutails, Jean-Auguste: Archeologi ed architetti[1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.71025#0022

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NAPOLI NOBILISSIMA

privilegi del grado, tra cui quello di aggiungere al proprio
cognome il predicato d'Aragona, e d'inquartare alle proprie
le armi della casa reale 0).
Dunque, non anteriore al 1466 fu il nostro chiostro, e
forse ordinato dallo stesso Onorato, munificentissimo ed
appassionato protettore dell'arte, a cui si deve la bellis-




Capitelli pensili con stemmi. Disegno di E. Bernich.
sima porta, tutto di marmo statuario, che si trova all'in-
gresso dell'ospizio della SS. Annunziata, sulla quale, sotto
le mensole, sono scolpite le sue armi. Autore di questo
capolavoro d'intaglio marmoreo fu il Malvito di Como,
che, come è noto, lavorò per la cripta del Duomo napo-
letano, fatto costruire a spese del cardinale Oliviero Carafa,
nel 1495.
E non credo fare un'ipotesi troppo arrischiata, asserendo
che forse, allo stesso Malvito il Gaetani affidò la costru-
zione del chiostro in discorso: tanto più che i capitelli di
questo, sia pensili sia delle colonne, hanno grandissima
affinità con quelli del vestibolo grande del palazzo edifi-
cato a Roma dal cardinale Pietro Barbo (palazzo Venezia)
e coi capitelli pensili che sostengono le vòlte delle cro-
ciere delle navi minori della chiesa dell'Aracceli a Roma,
riedificata nel 1464 pure a spese del cardinale Oliviero
Carafa; nonché con quelli di medesimo stile e fattura
tuttora visibili nel chiostro di S. Salvatore in Lauro, il
quale ha proprio le stesse proporzioni del nostro. Ed in
tutti questi lavori — è risaputo — ebbe parte il Malvito.
Ettore Bernich.

ARCHEOLOGI ED ARCHITETTI 0


(Qualche anno fa, un architetto illustre, che consacra
all'archeologia una parte dei suoi ozi, annunziava un la-
voro sulle controversie tra archeologi ed architetti: « Sto
preparando uno studio, che tra breve vedrà la luce, dal
titolo: Architetti ed archeologi, nel quale dirò ciò che mi

(1) Vedi De Lellts, Discorsi delle famiglie nobili del regno di Na-
poli (Napoli, Savio, MDCLIV), I, pp. 215-7, il quale trascrive il pri-
vilegio reale del 29 ottobre 1466, controfirmato da Antonello De Pe-
truccis.
(*) Dal libro di J. A. Brutails, L'Archeologie du moyen dge et ses
méthodes, Paris, A. Picard éd., 1900. — Siamo grati al ch. sig. Bru-
tails, archivista della Gironda e giudice del Tribunale superiore di An-
dorra, come all'editore signor Picard, del permesso datoci di tradurre

sembrerà, cercando e trovando, credo, la causa dell'antago-
nismo esistente tra essi ».
Questo quos ego è rimasto senza effetto, ed è un pec-
cato; poiché, se qualcuno s'accingesse a notare i granchi
presi dagli archeologi, potrebbe scrivere una satira molto
divertente.
L'archeologia, la quale è meno una scienza positiva che
una lunga iniziazione, un'educazione dell'occhio e dello spi-
rito, consta, sopra tutto, di « nozioni intrasmissibili », che
sfuggono ai profani. In tal modo essa è aperta a chi vuol
fare della scienza con poca spesa, e desidera esser dotto
senza prendersi il fastidio di studiare. Per poter mettere
insegna di parrucchiere, è necessario saper tagliare i ca-
pelli; per chiamarsi archeologo, basta aver l'aria di saper
fare dell'archeologia.
Pompilio ha navigato: ha visti selvaggi ornati di un
diadema di piume, armati di una scure di pietra; e si è
data la missione di svelare ai suoi contemporanei i mi-
steri dell'epoca lontana, in cui i nostri maggiori andavano
in giro in simile abbigliamento. Perciò si è fatto iscrivere
nella società erudita locale; e, fin dalle prime sedute, ha
presa una parte brillante alle discussioni che accompagnano
l'approvazione del processo verbale o la determinazione
dell'ordine del giorno. Ma uno spirito vivace fa presto a
passare dal periodo preistorico al gallo-romano o al medio-
evo; e, dopo sei mesi, Pompilio tratta come si conviene
del gotico fiammengiante e del magdalénien. Possiede già
quel vocabolario che distingue dal volgo un membro d'una
società scientifica; parla con disinvoltura d'umbo, di torques,
di tumulus e anche di scramasaxe; chiama ogivo l'arco acuto,
e fibule le spille da nutrice. Con un'aria d'importanza, gli
occhiali verdi, testimoni di veglie laboriose ed un po' di
abilità, questo bagaglio è più che sufficiente per far em-
pire i giornali del suo nome. Se poi, per giunta, ha un
briciolo di fortuna ed un po' d'ortodossia elettorale, Pom-
pilio, chiamato alla poltrona presidenziale e colmato d'onori,
sarà ben presto nel paese il rappresentante più in vista
della scienza archeologica.
Ma gli architetti non hanno anch'essi nelle loro file il
riscontro di codesto pseudo-archeologo? Conosco un in-
gegnere-architetto, che è ingegnere perchè ha servito nel
Genio, dal quale è uscito coi galloni di caporale; e che è
architetto, perchè un ingegnere sa sempre, più o meno, co-
struir case.
Tali individualità non provano nulla contro un metodo,
e non mi ci fermerò. Tra gli architetti sono spiriti emi-

questo brano; il quale, per quanto si riferisca più specialmente all'ar-
cheologia medievale francese, sarà letto con molta istruzione dagli
studiosi della nostra architettura, e contribuirà a preservarli da metodi
erronei e da conclusioni affrettate.
(Nota della Redazione).
 
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