apoli nobilissima
RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
Vol. XIV.
Fasc. IV.
LA CHIESA DI S. ANTONIO ABATE
IN on è compresa nell'elenco degli edifizi monumentali
pubblicato nel 1902 per cura del Ministero della pubblica
istruzione ed è poco nota agli studiosi (0. Fu per ciò che, |
quando ebbi l'incarico di compilare il catalogo degli og-
getti d'arte conservati nelle chiese di Napoli, la prescelsi,
reputandola interessantissima per la sua antichità, per la
sua storia, che si riannoda ai fasti angioini e durazzeschi,
per la sua architettura, e, sopra tutto, pel sommo pregio
di talune opere d'arte che contiene.
Il De Stefano, il D'Engenio, il Summonte, il Celano,
ed in generale tutti gli scrittori, anche moderni, assegnano
la fondazione della chiesa e dell'ospedale alla regina Gio-
vanna I. Ma un diploma del re Roberto d'Angiò, pubbli-
cato solo in parte dall'illustre prof. De Blasiis (2), dimostra
che nel 1313, a 12 marzo, già esistevano chiesa ed ospe-
dale e che in questo si curavano gli infermi del morbo
detto « fuoco sacro », o anche, il che sarebbe tutto il
contrario, ignis infernale. I monaci allevavano dei porci,
per valersi del grasso nella composizione degli unguenti
curativi. L'ordine ebbe inizio nel X secolo nel Delfi-
nato, donde poi si diffuse per tutta Europa. In Napoli
esisteva già nel 1313, come ho detto, e durò fin quando
i re aragonesi non bandirono quei monaci, reputandoli
troppo fedeli agli antichi loro protettori francesi. L'abbazia
fu allora data in commenda dai papi ai loro congiunti e
favoriti. Nel 1480 ne fu investito il cardinale Giuliano
della Rovere, al quale altri succederono, fino a tanto che
l'abbazia non venne concessa da Clemente XIV all'ordine
costantiniano. La chiesa è posta in fondo alla strada di
Foria, nei pressi del Reclusorio, fuori delle vie frequen-
tate, e dall'esterno non attira l'attenzione di chi passa,
perchè le antiche linee dell'architettura gotica che ne de-
coravano la facciata sono in gran parte sparite sotto le
nuove fabbriche del restauro eseguito al tempo del cardi-
nale arcivescovo Antonino Sersale, nel 1769.
Ma, entrando dal cancello esterno, si scorge a destra
l'antico portale gotico che menava forse al convento,
chiuso ora da un muro che ne colma il vano. Nella lu-
netta a sesto acuto si vede quel che rimane di un me-
diocre affresco del settecento, rappresentante la Vergine
col bambino in mezzo a due santi. Verso destra, sotto
l'intonaco che covre tutto, si scorgono le forme di una
finestra, murata anch'essa al pari della porta.
A memoria perenne dei deturpamenti fatti eseguire
fuori e dentro dall'architetto Tommaso Senese, il cardi-
nale Sersale alzò il proprio stemma fbandato di oro e di
azzurro) sul fronte della nuova facciata. E perchè taluni
autori, tra i quali il De Lellis, ricordano che in antico
vi era lo stemma del papa Gregorio XI, altri moderni,
tra cui il più recente è il Di Domenico G), ritennero che
questo fosse proprio lo stemma di quel papa; lad-
dove l'arma di Pietro Roger de Beaufort aveva nello
scudo una banda accostata da sei rose, tre in capo e tre
in punta. Nè tale stemma poteva essere argomento ba-
stevole per fissare la data della fondazione al 1370, du-
rante il ponteficato di Gregorio XI, perchè anche Cle-
mente VI, zio del suddetto pontefice, che regnò al 1342
al 1352, usava il medesimo stemma. Ai due lati dell'arco
che precede la porta d'ingresso sono due statuette anti-
che (2) in marmo, provenienti da altro posto. Quella a de-
stra rappresenta s. Antonio abate in positura eretta, te-
nente nella destra il pastorale e nella sinistra un libro; in
basso, anche a sinistra, è scolpito un verro.
La statua, dall'altro lato, rappresenta san Baculo in abito
da pellegrino, con le conchiglie sulla spalla; ha un bastone
nella destra e regge nella sinistra un libro.
(1) Elenco degli edifizi monumentali in Italia, Roma, Cecchini, 1902.
(2) Arch. stor. per le prov. nap., XXVIII (1903), pp. 411-412.
(1) Di Domenico (sac. prof. Ferdinando), Vita di S. Antonio Abate,
Napoli, 1903, p. 99.
(2) Misurano metro 1.40.