Overview
Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 14.1905

DOI issue:
Nr. 11
DOI article:
Notizie ed osservazioni
DOI article:
Da libri e periodici
DOI Page / Citation link:
https://doi.org/10.11588/diglit.71025#0190

DWork-Logo
Overview
Facsimile
0.5
1 cm
facsimile
Scroll
OCR fulltext
^4

NAPOLI NOBILISSIMA

cussi se accorse il sacristano seu cappellano, nomine d. Jo. Gaetano
che era incominciato ad liquefarsi; et cossi fu chiamato il detto padre
Monopolo et vidde che era cominciato ad liquefarsi et ne hebbe gran
piacere et disse che il voleva predicare per tutto ».
Ma non si sa l'anno preciso in cui avvenne la rottura su accen-
nata. Le monache che a tal uopo interrogate furono quattro, oltre la
già nominata: Ippolita Capano, di anni 62 circa; Camilla Sersale, di
anni 60 circa; Giulia Sersale, di anni 55 circa, e Girolama della Ratta,
ottantenne; e tutte fanno risalire l'avvenimento su per giù al loro
quarantesimo anno di età. Trascriviamo le parole di una che fu testi-
mone oculare del fatto.
« Io me ricordo et viddi li anni passati che haveva da quaranta
anni et più, essendo viva una mia zia nomine Zibeccha Capece, es-
sendo sacristana in questo monasterio per molti anni et se delectava
molto nella ecclesia, essendo stata richiesta più et più volte da un
d. Filippo, che non me ne ricordo il cognome, credo che fusse de
natione sclavone, che li volesse fare vedere la reliquia de santo Ste-
fano, quale stava nelle predette ampolline e dippiù ne haveva richiesto
la Sa Violante Galiuccio, monacha di questo monasterio, che li havesse
fatto vedere detta reliquia, et da poi molte richieste detta mia zia sa-
cristana fé allumar le torcie allo altare del S.m° Sacramento et io fui
una de quelle che tennero le torcie allumate. Et così gionte al detto
altare, il predeto d. Filippo si vestì la cotta et la stola et prese nelle
mani la detta ampollina quale oggi è rotta et essendo nelle sue mani
subito se viddi spezzare in più parte et cascò una gocciola di sangue
da quella ampollina sopra la tovaglia dello altare dove fece una mpolla
[bolla] bollendo sopra detta tovaglia et durò per un certo spatio del
che tutte restaimo attonite et tutte credevamo che per la incredulità
di detto d. Filippo si fosse rotta et il signor Dio e S. Stefano ha-
vesse mostrato detto miracolo ».
Un altro particolare degno di nota è che, in occasione dei tumulti
del 1547, le monache, « per la pagura (sic) che se haveva di saccheg-
giamento », vollero conservare tutte le loro reliquie, tra cui l'ampol-
lina rotta che fu legata con certo spago. E per testimonianza di una
suora, nella « carrafella rotta gi era una goccia di sangue vivo, che
quando la viddimo restaimo spantate (sic!)». Anzi, dice un'altra,
« passati li rumori », lo spago con cui s'era legata l'ampolla, « lo
ritrovammo tinto di sangue ».
In séguito a queste testimonianze, il vicario — come è detto in
calce alla pergamena —- per mezzo del p. G. B. del Tufo, chierico
regolare, fece passare il sangue delle due antiche ampolle « ad aliam
ampullam vitream albam ad hunc effectum constructam », dello spes-
sore di un « digitus magnus manus » e della lunghezza di quattro
dita, « otturata et sigillata in hoc modo, videlicet: postoci di sopra
la bocca di detta ampolla una piastra piccola de piombo et sopra
quella uno Agnus Dei altamente posto et accomodato per più secura
conservatione del predetto pretioso sangue ».
La CUPOLA DELLA CHIESA DEI SS. SEVERINO E Sossio.
Nel mattino del 26 luglio scorso, un fulmine cadde sulla cupola
della monumentale chiesa di S. Severino e Sossio, rovinandone l'estra-
dosso e l'intradosso. All'esterno portò via dieci metri quadrati delle
piastrelle di maiolica che la ricoprono: all'esterno stonacò una parte,
già altre volte lesionata, dei noti affreschi del Corenzio, malamente
restaurati nel 1746. L'ufficio regionale, d'accordo con quello tecnico
di finanze, cui incombe la manutenzione dei monumenti, delegò l'arch.
Bernich, a verificare, insieme con l'ing. cav. Viterbo, i danni ed a pro-

porre i provvedimenti d'urgenza per ripararli. Il progetto di restauro
— consistente nel ripristinamento delle piastrelle, nella chiusura delle
lesioni cagionate dal fulmine, rifacendo l'intonacatura e ripigliando
gli affreschi, per non lasciare un'orribile macchia bianca, che sto-
nerebbe orrendamente col resto — è stato già inviato dall'ufficio di
finanza al Ministero. Ci auguriamo che subito siano impresi i lavori.

Errata-corrige.
Nel fase, precedente, p. 160, col. 2, per un errore tipografico sfug-
gito nella revisione delle bozze, si trova scritto che il periodo di mag-
giore attività degli orafi francesi a Napoli coincide col regrto di Carlo I.
Il lettore intelligente avrà già capito che si tratta di Carlo II.

Don Fastidio.

DA LIBRI E PERIODICI
Siamo lieti di annunziare la pubblicazione che s'inizierà nel 15
gennaio prossimo di un nuovo periodico: l'Augusta Perusia, rivista di
topografia, arte e costumi dell'Umbria, diretta dall'operoso prof. Ciro
Trabalza, con la collaborazione di molti studiosi di quella colta re-
gione e di altre parti d'Italia.
Noi, or son quattordici anni, demmo forse pei primi l'esempio di
queste piccole riviste regionali, consacrate all'arte e ai lati minori
della storia, le quali possono, ci sembra, rendere molti servigi, ac-
canto ai dotti e ponderosi fascicoli e volumi degli Archivii e degli
Atti delle società e deputazioni di storia patria. E, pubblicandosi a più
brevi intervalli ed andando per le mani di un pubblico più largo, pos-
sono giovare più efficacemente a quella difesa dei monumenti storici
ed artistici, di cui ormai si sente dappertutto il bisogno, contro le
molteplici insidie così della civiltà come dell'inciviltà moderna.
Alla nuova rivista umbra esprimiamo i nostri migliori augurii di
prospera e lunga vita.
La vessata e annosa questione intorno alle origini di Napoli, il
prof. A. Pirro ha preso ancora a trattare in uno studio storico-topogra-
fico, di cui ha recentemente pubblicata la prima parte, occupandosi di
Falero e Napoli (Le origini di Napoli, parte I, con una tavola illustra-
tiva, Salerno, 1905, pp. 57). Com'è noto, molteplici ipotesi si sono
fatte intorno all'espressione xópatg ^aX^poo, che il poeta Licofrone
usa accennando a Napoli, e s'è fin pensato ad una città di nome Fa-
lero, preesistente a Napoli stessa. Il Pirro, allontanandosi da tutte le
opinioni esposte in proposito, spiega quell'espressione di Licofrone, ri-
ferendola alla non meno discussa doppia muraglia lungo l'odierno vico
di Mezzocannone, la quale, congiunta in alto dalla Porta Ventosa,
scendeva, secondo lui, al mare, rinchiudendo in sè e proteggendo con
le sue opere di fortificazioni la via, per cui la città, situata nell'alti-
piano, poteva comunicare col porto, anche in tempo di guerra, a si-
miglianza del muro con la strada di Falero ad Atene. Così, mentre le
oscure parole di Licofrone verrebbero chiarite dalla doppia muraglia di
Mezzocannone, questa, a sua volta, con siffatta interpretazione, acquiste-
rebbe un nuovo significato. Tale congettura è confortata dal Pirro con
molte argomentazioni. Egli dimostra che il muro occidentale di Mez-
zocannone non potè sorgere dall'aggregazione del colle di S. Giovanni
Maggiore alla città primitiva, nè essere un antemurale e neppure un
avanzo di muro dell'antica Partenope, che, collocata dal De Petra a
S. Giovanni Maggiore, non risponde, a giudizio del Pirro, ai dati to-
 
Annotationen