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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 14.1905

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Nr. 7
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Laccetti, Filippo: Memorie d'arte vastase[2]
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Ceci, Giuseppe: Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.71025#0120

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104

NAPOLI NOBILISSIMA


re

Campanile di S. Maria del Vasto.
I. Sezione schematica della par-
te inferiore. 2. Lastra epigrafica.
3. Sezione dei costoloni della vòlta.
del fusto del secolo XIV?

tempo saraceno o normanno, dovevasi primitivamente col-
legare con altre opere e formarne la parte più avanzata
verso il nord; laddove l'insieme di tutte le fabbriche co-
stituiva forse il forte Castello Gisone, che appresso appar-
tenne a Bertrando del Balzo, e fu sempre in lotta aperta
e tenace col Guasto d'Aymone, che lo fronteggiava a breve
distanza.
Nella estremità est del prolungamento su citato, cioè
fuori del nocciolo costituente la vera base del campanile,
e però con ubicazione che sembra connettersi più ai resti
di Castel Gisone che al fusto del campanile, si presenta
nella nostra torre la porticina arcotravata di una scaletta (c),
che dal pianterreno ascende al
piano superiore, in corrispon-
denza dello spalto diruto in-
nanzi illustrato. Essa scaletta è
a chiocciola, di gradini a mas-
sello, spesso separati l'un dal-
l'altro da ringrossi, ma forman-
ti, in un magistero quasi per-
fetto, anima, calpestìo e coper-
tura insieme. Ma la bontà del
magistero di questa chiocciola
finisce, giunti che si sia al pri-
mo piano di sopra, dal quale
la scaletta continua per un al-
tro piano, ma con gradini non
più tagliati in pietra viva ed
assai mal congegnati, mostran-
dosi opera non coeva alla parte
inferiore e comprovando così
che la parte superiore del fu-
sto è di arte diversa. Ma per-
chè dicemmo noi questa parte
Ecco: nell'arcotrave della por-




ticina della scaletta, a pianterreno, è scolpito: IN DEI NO-
MINE AMEN. ANNO DOMINI MCCCXXXI HOC AEDIFICIUM TURRIS
primum fundamentum EST. E sembrandoci — per un com-
plesso di caratteri la cui analisi qui allungherebbe oltre-
modo il nostro dire — che la iscrizione non debba rite-
nersi coeva all'antico fortilizio di base, ma posteriore a
questo, presumiamo che essa possa piuttosto indicare il
tempo della trasformazione del fortilizio stesso in cam-
panile, la qual cosa avvenne appunto col prolungamento
superiore del fusto. Ma su di ciò non insistiamo: certo è
che l'arte di esso fusto è in massima parte diversa da
quella della base. Infatti, se passiamo, per mezzo della in-
tercapedine (d), dalla scaletta all'interno del primo piano
della torre, ci troveremo in uno spazio quadrangolare il-
luminato da due feritoie ad est, ma coperto non più a

crociera, come lo spazio sottoposto, ma da vòlta a botte,
il che è assai sintomatico. Vero è che la porta arcotra-
vata (e) d'ingresso dallo spalto a questa superiore stanza,
conserva le mensole laterali che, di sotto all'arcotrave,
restringono la luce del vano, come nelle porticine arabo-
normanne, ha le mensole fregiate di ornati consunti, e si
apre in parete spessa più di un metro e mezzo: tutte
ragioni per cui potrebbe giudicarsi anch'essa appartenente
alla primitiva costruzione. Ma questa ben presto viene a
cessare; ed infatti, saliti che si sia — sempre per la sca-
letta disposta in pianta fuori del nocciolo della torre —
al secondo piano, la diversità della mutazione appare evi-
dente. È in questo secondo piano, pur esso coperto da
vòlta a botte, alternata alla sottoposta, che si presentano
nelle pareti le lodevoli finestre a sesto acuto munite di
ornia in pietra, già osservate nell'esaminare il prospetto e
che or possiamo vedere quale tombagnata e quale no; ed
è in questo secondo piano che la scaletta, fin qui saliente
in pianta fuori del nocciolo del campanile, è richiamata
all'interno di esso nocciolo, e continua a salire ammor-
sandosi alle pareti interne della torre, onde, per tre altri
ripiani, mette infine nella cella delle campane. In questa
sono notevolissimi bronzi che dimostrano la perizia arti-
stica di più generazioni di Marinelli, della cittadina di
Agnone; ma noi non ci tratterremo qui a discorrerne, seb-
bene anche la notizia di queste campane dovrebbe essere
portata in Chieti. Noteremo invece, sotto una delle cam-
pane, le sculture quasi bizantine di quel probabile capitello
di pilastro incastrato nel muro come materiale di base, e
di poi monteremo sul ripiano ultimo della torre, donde
l'occhio spazia dalla maestosa Maiella alle coste di Dalma-
zia e dal Gargano ai più lontani lidi d'Abruzzo. Assai terra,
assai mare sembrano miserevolmente soggetti all'altezza di
questa torre maestosa; le guglie di S. Pietro e di S. Giu-
seppe e lo stesso ampio Palazzo appaiono pigmee espres-
sioni dalla sua cima; mentre i sottoposti colli sono così
lontani, che a pena a pena lasciano scorgere la traccia del
fumo dell'impetuosa vaporiera che li guadagna!
continua.
Filippo Laccetti.

DOMENICO GARGIULO
detto MICCO SPADARO

(Continuaz. — vedi fase. prec.).
14. Il trionfo di Cesare, quadro largo palmi 24, presso il duca
di S. Elia Di Palma. Questa famiglia si estinse nei Caracciolo
di Cellammare, alla quale non pervennero nè questo nè l'altro
quadro segnato al numero seguente. Nella vendita della quadre-
ria di don Giovanni Lazzari, eseguita nel 1850, trovo compreso
 
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