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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 14.1905

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Nr. 1
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Curiosità napoletane[1]
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Nicolioni, Fausto: L'abate galiani epigrafista[1]
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12

NAPOLI NOBILISSIMA

Don Michele Cimorelli non s'era lasciato vedere per
qualche tempo; forse era andato ad Isernia; forse se n'era
stato chiuso in casa. Ma, quando s'incontrò da capo coi
suoi amici, raccontò d'aver fatto un viaggio per l'Europa,
e d'esser stato a Bruxelles, dove allora era Gioberti.
-—- E avete conosciuto Gioberti?
— Come no?
E, domandandoglisi qualche particolare, don Michele
descriveva la figura di Vincenzo Gioberti, piccolo, cogli
occhiali, vestito di nero, quale l'aveva visto nei ritratti,
ravvivandolo colla sua fantasia. E poi, tanto per dire al-
cunché di nuovo, soggiungeva: che — cosa strana! —
Gioberti era sempre preoccupato e triste, e nessuno sapeva
la ragione della sua tristezza.
— Ma voi non avete potuto penetrare niente di questo
segreto?
— Sì, veramente, a me ha fatto qualche confidenza....
— E che vi ha detto?
— Un giorno, ch'eravamo a quattr'occhi, mi disse:
Caro don Michele....
Ma io qui m'accorgo che il segreto di Vincenzo Gio-
berti, raccontato da don Michele Cimorelli, deve restare
un segreto; ed è questa un'altra delle difficoltà per chi
avrebbe voluto conservare in istampa molti dei suoi rac-
conti.
Allorché, dodici anni fa, io pubblicai nel Corriere di Na-
poli questo breve ricordo di Michele Cimorelli, e tentai
un'indagine psicologica intorno a lui, ravvicinandolo al
personaggio di Tartarin del Daudet e facendo notare il
curioso fatto di queste gagliarde fantasie artistiche che rie-
scono ad obliterare in sè stessi il senso della realtà sto-
rica, — ricevetti una lettera di Federico Quercia, allora
provveditore agli studii per la provincia di Caserta, e
morto pochi anni dopo, dalla quale tolgo alcuni brani.
Il Quercia scriveva:
Io conobbi di persona il Cimorelli, verso il 1840, ed udii da
lui quelle narrazioni maravigliose. Il Cimorelli ebbe ingegno
schiettamente napoletano. In lui sovrabbondava la fantasia. Egli
le cose non le diceva, le riproduceva con tale evidenza di par-
ticolari, che chi l'udiva credeva quasi di esser presente a quegli
avvenimenti. Aveva un senso vivo della realità, per cui ciò che
narrava, se non era vero, era verisimile. Conosceva a menadito
le istorie contemporanee, e rivolgendole nella sua fantasia ac-
cesa, quegli avvenimenti, per dir così, gli si facevano presenti,
gli risorgevano dintorno, egli credeva sul serio di avervi assi-
stito e di aver avuto l'intimità degli uomini politici più noti.
Alessandro Dumas, con le debite differenze, gli rassomigliava:
ad udir quell'insigne romanziere, l'unità d'Italia l'aveva fatta
lui, lui aveva in gran parte condotta la gloriosa spedizione di
Garibaldi in Sicilia e a Napoli.

Sono uomini singolari. Non si accorgono di mentire, essi giu-
rano di aver preso parte a quei fatti, che una fertile immagina-
zione nei loro più minuti particolari atteggia loro dinanzi. Mi-
chele Cimorelli sarebbe stato un famoso romanziere, se avesse
avuto la fortuna meno inimica.
Colto, dotto in latino e in greco, studioso della storia delle
nostre lettere, buon patriota (aveva preso parte, lo affermava
egli, alla rivoluzione del 1799 e ai moti del 20), contava fra i
suoi amici gli uomini più celebri che vissero a Napoli dal de-
cennio al 1840, come Giuseppe Poerio, Pasquale Borrelli, An-
tonio Starace, Ernesto Capocci, il marchese di Caccavone, Luigi
Blanch, il capitano D'Urso, il barone Parrilli ....
Il Quercia faceva inoltre notare che la tradizione ine-
sattamente suol riferire il racconto del Cimorelli intorno
al suo intervento alla battaglia di Austerlitz, come acca-
duto durante il regno di Gioacchino Murat; con evidente
errore storico che il Cimorelli non commetteva, e per date
all'aneddoto un finale comico. Il Cimorelli, invece, con
piena verisimiglianza cronologica, poneva il fatto al tempo
dei Borboni, quando gli viveva in Napoli mal visto e
perseguitato. « Il Cimorelli descriveva minutamente la nave
francese, venuta segretamente a Napoli, ripeteva il nome
del capitano, del sottocomandante, del pilota, dei marinai:
descriveva il lungo viaggio sino a Trieste, gl'incidenti
varii avvenuti, i mari attraversati, l'isole vedute, l'arrivo
a Trieste; poi, la carrozza con lo stemma imperiale che
l'attendeva al porto, l'uffiziale di ordinanza inviato a bella
posta dall'imperatore, i paesi per cui passava, i costumi
osservati. Nell'arrivare al campo francese, l'imperatore gli
veniva incontro in carrozza scoperta col maresciallo Ber-
thier; e, abbracciato più volte don Michele, pregava Ber-
thier di cedergli il posto! ».
Da un passo della Storia di Giacinto de' Sivo U) si ap-
prende che il letterato Michele Cimorelli morì nel 1848.
B. C.

L'ABATE GALIANI EPIGRAFISTA

(Cont. — vol. XIII, fase. III).
VI. Passando ora alle iscrizioni edite del Galiani, la sua
prima opera che vide la luce, nel 1749, — Componimenti
vari per la morte di Domenico Jannaccone, carnefice della
G. C. della Vicaria, dati in luce da D. Giannantonio Sergio,
avvocato napoletano (2) — ce ne fornisce due, le quali, quan-

(1) Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861, vol. III, Verona, 1865,
P- 131.

(2) La storia di questa operetta è trita e ritrita (cfr. Diodati, Vita
dell'ab. F. Galiani, regio consigliere, etc., Napoli, Orsino, 1788, p. 6 sgg;.
Perey-Maugras, Galiani, ses amis et son temps, in Correspond., I, p.
XV sgg., ed altri); pur tuttavia è così piacevole, che merita d'esser
ripetuta, se non altro in nota. •— Berardo Galiani, socio d'un'accade-
 
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