RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
I25
Accadde lo stesso alla duchessa di Casalduni, e alla du-
chessa di Cassano, Giulia Carafa, madre di quel Gennaro
Serra, che morì sul patibolo nel 1799. A dir vero, per la
duchessa di Cassano, Ferdinando confessò alla moglie che
non aveva potuto mai farsene ascoltare; e Maria Carolina,
adombrata di tanta virtù e sospettando forse di ambiziosi
propositi di dominio, fece in maniera che partisse da Na-
poli (0. — Questa incapacità del re a serbar segreti e il
timore della vendetta della regina, erano cagione che spesso
finanche attrici, ballerine e simile genìa di donne, ricusas-
sero gl'inviti e gli appuntamenti di re Ferdinando.
Sara Goudar sperimentò anch'essa, a suo danno, questo
difetto del sovrano di Napoli. — Dopo il primo colloquio,
racconta il Casanova, Sara scrisse un biglietto al re, del
quale egli reca il testo, che ricorda troppo la birraia di
Londra (2). Carolina sorprese il marito che leggeva e rideva
di tutto cuore, e che al suo sopravvenire cercò di nascondere
il biglietto. Punta di curiosità, insistette tanto che Ferdi-
nando finì col darglielo a leggere. — Che infamia! gridò
la regina. — E, subito, i Goudar ricevettero l'ordine di
partire da Napoli nel termine di tre giorni.
La versione del Casanova è confermata da una nota
manoscritta del tempo, che trovo in un esemplare di uno
degli opuscoli di Sara: Rélation historique des divertissements
de l'automne de Toscane, posseduto dalla nostra Società
storica: « Questa madama Goudar era femina di piacere;
« suo marito era il mezzano; era molto bella e graziosa;
« per gelosia della Regina di Napoli fu esiliata dal Re-
« gno ». — Ed ecco come, dopo il tentativo — vero 0
supposto che sia — su Luigi XV, fallì ai Goudar quello
su re Ferdinando IV di Napoli (3).
B. C.
VINCENZO GEMITO
In un'edizione lussuosa e mirabile per la cura che vi
si nota di ogni particolare, ricca di autotipie, di tricromie
e fotoincisioni perfette, quale forse non ci accade mai di
vedere venir fuori dai nostri stabilimenti tipografici, Salva-
tore di Giacomo ha pubblicato una densa monografia in-
torno la vita e l'arte di Vincenzo Gemito.
(1) Cfr. Gorani, l. c.
(2) Mém., VIII, 146.
(3) Questa, che è la storia vera, fu mascherata dal Goudar e
forse anche dal governo napoletano sotto specie di un decreto di per-
secuzione contro l'autore del libro su Naples ce qu'il faut faire, ecc.
(stampato cinque anni prima!). Il Goudar scrisse sul proposito una
Lettera aperta al Tanucci, stampata nel 1775, ed ivi cita la data del
decreto che ordinava il bruciamento del libro per mano del boia, e
l'esilio dell'autore (vedi Ademollo, o. c., pp. 82-5). — Sara Goudar
si divise poi dal marito e se ne andò in Olanda e poi a Parigi, dove
morì, secondo alcuni, il 1794, e, secondo altri, verso il 1800.
Il grosso libro — vigilato nella stampa dall'autore del
Teatro di S. Carlino e della Prostituzione a Napoli, al quale
tutti sanno quale squisito gusto livresque si appartenga —
esce dalla tipografia dei nostri fratelli Giannini; editore
Achille Minozzi, proprietario della più completa collezione
di opere del Gemito.
Salvatore di Giacomo non ha voluto scrivere — e, dato
il suo temperamento di scrittore, ha fatto bene — un arido
volume di note critiche e di postulati scientifici intorno
l'opera ora delicata ora possente, sempre singolare, dell'ar-
tista napoletano, che nelle tenebre di una bizzarra forma
di follìa sopravvive da diciotto anni a se stesso. Il Di Gia-
como concepisce e fa critica en artiste, compiacendosi di
dire con stile limpido e piano le sue emozioni e le sue
simpatie a fronte dell'opera altrui, inframmettendo al ca-
pitoletto di fine esegesi la pagina che narra, nervosa ed
efficace, l'aneddoto ravvisato di dialogo, il ricordo perso-
nale, il documento epistolare, il diario suggestivo. Un suo
libro di critica d'arte riesce così non meno interessante di
una sua bella prosa narrativa piena di scorci e di ombre
sapienti.
A narrare la vita del Gemito, che del popolo tra cui
nacque e grandeggiò scultore ebbe tutte le virtù e i di-
fetti irriducibili; a dir di quell'arte fiorita in un tempo che
sembrava promettere alla nostra città la maggior gloria di
una giovane schiera di pittori e di scultori, fra circostanze
ambienti degne del più vivo interesse; a fissar quindi le
linee di quella vita e di quell'arte in un giudizio e in un
libro definitivo, pochi, come il Di Giacomo, potevano aver
forza e preparazione sufficienti al bel còmpito. Ed infatti
il poeta armonioso che dell'anima napoletana ha saputo
rendere in modo insuperabile tutte le voci di amore e di
dolore, di melanconia, di gaiezza e di grazia; il novelliere
robusto e rappresentativo, nelle cui pagine il nostro po-
polo rivive in ogni suo aspetto tragico, appassionato e com-
movente; l'osservatore che, innamorandosene, studia i suoi
soggetti con occhio penetrante di psicologo e di sociologo
— hanno messo qualcuna delle loro più belle doti in que-
sto libro, che è una quasi postuma consacrazione dell'arte
di Vincenzo Gemito. Consacrazione alla quale il Di Gia-
como sa dare un saggio limite ed un giusto valore, fis-
sando dal bel principio il cerchio in cui, a suo modo di
vedere, i mezzi espressivi del Gemito si esercitano meravi-
gliosi; determinando a mano a mano i caratteri di quel-
l'arte ch'ebbe virtù osservativa tanto maggiore di quella in-
ventiva; indagando infine con sagacia, col confronto de-
gl'impulsi, delle passioni, delle azioni dell'adolescente e
dell'uomo, le oscure cause psicologiche onde nel periodo
di sua maggiore attività quella forza creatrice venne spez-
zata.
I25
Accadde lo stesso alla duchessa di Casalduni, e alla du-
chessa di Cassano, Giulia Carafa, madre di quel Gennaro
Serra, che morì sul patibolo nel 1799. A dir vero, per la
duchessa di Cassano, Ferdinando confessò alla moglie che
non aveva potuto mai farsene ascoltare; e Maria Carolina,
adombrata di tanta virtù e sospettando forse di ambiziosi
propositi di dominio, fece in maniera che partisse da Na-
poli (0. — Questa incapacità del re a serbar segreti e il
timore della vendetta della regina, erano cagione che spesso
finanche attrici, ballerine e simile genìa di donne, ricusas-
sero gl'inviti e gli appuntamenti di re Ferdinando.
Sara Goudar sperimentò anch'essa, a suo danno, questo
difetto del sovrano di Napoli. — Dopo il primo colloquio,
racconta il Casanova, Sara scrisse un biglietto al re, del
quale egli reca il testo, che ricorda troppo la birraia di
Londra (2). Carolina sorprese il marito che leggeva e rideva
di tutto cuore, e che al suo sopravvenire cercò di nascondere
il biglietto. Punta di curiosità, insistette tanto che Ferdi-
nando finì col darglielo a leggere. — Che infamia! gridò
la regina. — E, subito, i Goudar ricevettero l'ordine di
partire da Napoli nel termine di tre giorni.
La versione del Casanova è confermata da una nota
manoscritta del tempo, che trovo in un esemplare di uno
degli opuscoli di Sara: Rélation historique des divertissements
de l'automne de Toscane, posseduto dalla nostra Società
storica: « Questa madama Goudar era femina di piacere;
« suo marito era il mezzano; era molto bella e graziosa;
« per gelosia della Regina di Napoli fu esiliata dal Re-
« gno ». — Ed ecco come, dopo il tentativo — vero 0
supposto che sia — su Luigi XV, fallì ai Goudar quello
su re Ferdinando IV di Napoli (3).
B. C.
VINCENZO GEMITO
In un'edizione lussuosa e mirabile per la cura che vi
si nota di ogni particolare, ricca di autotipie, di tricromie
e fotoincisioni perfette, quale forse non ci accade mai di
vedere venir fuori dai nostri stabilimenti tipografici, Salva-
tore di Giacomo ha pubblicato una densa monografia in-
torno la vita e l'arte di Vincenzo Gemito.
(1) Cfr. Gorani, l. c.
(2) Mém., VIII, 146.
(3) Questa, che è la storia vera, fu mascherata dal Goudar e
forse anche dal governo napoletano sotto specie di un decreto di per-
secuzione contro l'autore del libro su Naples ce qu'il faut faire, ecc.
(stampato cinque anni prima!). Il Goudar scrisse sul proposito una
Lettera aperta al Tanucci, stampata nel 1775, ed ivi cita la data del
decreto che ordinava il bruciamento del libro per mano del boia, e
l'esilio dell'autore (vedi Ademollo, o. c., pp. 82-5). — Sara Goudar
si divise poi dal marito e se ne andò in Olanda e poi a Parigi, dove
morì, secondo alcuni, il 1794, e, secondo altri, verso il 1800.
Il grosso libro — vigilato nella stampa dall'autore del
Teatro di S. Carlino e della Prostituzione a Napoli, al quale
tutti sanno quale squisito gusto livresque si appartenga —
esce dalla tipografia dei nostri fratelli Giannini; editore
Achille Minozzi, proprietario della più completa collezione
di opere del Gemito.
Salvatore di Giacomo non ha voluto scrivere — e, dato
il suo temperamento di scrittore, ha fatto bene — un arido
volume di note critiche e di postulati scientifici intorno
l'opera ora delicata ora possente, sempre singolare, dell'ar-
tista napoletano, che nelle tenebre di una bizzarra forma
di follìa sopravvive da diciotto anni a se stesso. Il Di Gia-
como concepisce e fa critica en artiste, compiacendosi di
dire con stile limpido e piano le sue emozioni e le sue
simpatie a fronte dell'opera altrui, inframmettendo al ca-
pitoletto di fine esegesi la pagina che narra, nervosa ed
efficace, l'aneddoto ravvisato di dialogo, il ricordo perso-
nale, il documento epistolare, il diario suggestivo. Un suo
libro di critica d'arte riesce così non meno interessante di
una sua bella prosa narrativa piena di scorci e di ombre
sapienti.
A narrare la vita del Gemito, che del popolo tra cui
nacque e grandeggiò scultore ebbe tutte le virtù e i di-
fetti irriducibili; a dir di quell'arte fiorita in un tempo che
sembrava promettere alla nostra città la maggior gloria di
una giovane schiera di pittori e di scultori, fra circostanze
ambienti degne del più vivo interesse; a fissar quindi le
linee di quella vita e di quell'arte in un giudizio e in un
libro definitivo, pochi, come il Di Giacomo, potevano aver
forza e preparazione sufficienti al bel còmpito. Ed infatti
il poeta armonioso che dell'anima napoletana ha saputo
rendere in modo insuperabile tutte le voci di amore e di
dolore, di melanconia, di gaiezza e di grazia; il novelliere
robusto e rappresentativo, nelle cui pagine il nostro po-
polo rivive in ogni suo aspetto tragico, appassionato e com-
movente; l'osservatore che, innamorandosene, studia i suoi
soggetti con occhio penetrante di psicologo e di sociologo
— hanno messo qualcuna delle loro più belle doti in que-
sto libro, che è una quasi postuma consacrazione dell'arte
di Vincenzo Gemito. Consacrazione alla quale il Di Gia-
como sa dare un saggio limite ed un giusto valore, fis-
sando dal bel principio il cerchio in cui, a suo modo di
vedere, i mezzi espressivi del Gemito si esercitano meravi-
gliosi; determinando a mano a mano i caratteri di quel-
l'arte ch'ebbe virtù osservativa tanto maggiore di quella in-
ventiva; indagando infine con sagacia, col confronto de-
gl'impulsi, delle passioni, delle azioni dell'adolescente e
dell'uomo, le oscure cause psicologiche onde nel periodo
di sua maggiore attività quella forza creatrice venne spez-
zata.