RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
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Lavori nella chiesa dell'Incoronata.
Dal rettore dell'ufficio regionale è stato dato incarico all'arch.
E. Bernich di redigere un progetto per alcuni lavori da compiere nella
chiesa dell'Incoronata, per tutelarne gli affreschi e i resti architetto-
nici che furono già illustrati dallo stesso Bernich in questa rivista
(XIII, 100-103).
Don Fastidio.
DA LIBRI E PERIODICI
Nelle note bibliografiche di questo fascicolo devono prendere il
primo posto le pubblicazioni intorno all'arte abruzzese, che hanno avuto
occasione dall'esposizione di Chieti, la quale ha mostrato le origini e
lo svolgimento di alcuni rami di quell'arte.
Cominciamo dal « numero commemorativo », che, col titolo Ferite
latine, il libraio Francesco Leccese di Chieti pubblicò nell'inaugura-
zione. Il fascicolo, copiosamente ornato da zincotipie, contiene i se-
guenti articoli: Vincenzo Balzano: Tesoro di arte sulmonese in S. Pie-
tro Avellana (Campobasso); Cesare de Laurentiis: Il missale Borgia;
Beniamino Costantini: Le croci processionali di Orsogna; Benedetto
Croce: La « macchia ».
Con grande studio ed amore è stato compilato il catalogo, al quale
hanno atteso principalmente Giovanni Tesorone e Pietro Piccirilli e
Cesare de Laurentiis, e poi Vincenzo Balzano, Vincenzo Zecca e Fedele
Cappelletti (Catalogo generale della mostra d'arte antica abruzzese in
Chieti, Chieti, Nicola Jecco, 1905). L'aver dovuto sottoporre ciascun
°ggetto ad un esame attentissimo, per determinarne con sicuri criterii
l'officina, e il tempo, e, quando è stato possibile, l'artefice, ha cagio-
nato un notevole ritardo. Il volume si è pubblicato a mezzo del pe-
riodo dell'esposizione, ma resterà sempre come un inventario esattis-
simo di tanta parte della produzione artistica abruzzese e come una
guida sicura ai ricercatori e agli studiosi. Sappiamo che ad esso terrà
dietro tra non molto un volume ampiamente illustrato, in cui la cera-
mica, l'oreficeria, i merletti e i tappeti degli Abruzzi saranno esaurien-
temente studiati in apposite monografie.
* *
Aspettando la trattazione completa di simili argomenti, giova in-
tanto segnalare, in aggiunta a quelli da noi registrati nei prece-
denti fascicoli, altri articoli descrittivi comparsi nelle principali riviste.
Due finora ne ha pubblicati Pietro Piccirilli: il primo nell'lllu-
strazione Abruzzese (serie II, anno I, fase. III), l'altro nella Rivista
Abruzzese (anno XX, fase. VIII-IX; Teramo, agosto-settembre 1905).
Reliquie di Abruzzo intitola Ettore Janni il suo articolo inserito nella
Lettura (anno V, n. IX; Milano, settembre 1905), nel quale, pur accen-
nando alle altre parti, si ferma più specialmente sulla ceramica. A
proposito dell'Esposizione di Chieti Adolfo Venturi scrive alcune brevi
considerazioni sull'utilità delle Esposizioni di arte retrospettiva (nel
fase. IX dell'Illustrazione Abruzzese) e sui criterii con cui dovrebbero
essere formate. Egli lamenta la ristrettezza di vedute del Governo e dei
privati collezionisti, la quale impedisce che queste mostre temporanee
riescano tanto copiose di opere quanto sarebbe necessario per dare
un'idea completa dello svolgimento dell'arte, e siano ordinate con una
progressività rigorosamente cronologica.
Un tal fine si dovrebbe raggiungere, evitando al glorioso nostro
patrimonio artistico i pericoli che lo minacciano per queste esposizioni
oramai troppo frequenti e che giustamente preoccupano Arduino Co-
lasanti (L'Arte d'Abruzzo e l'Esposizione di Chieti, in Nuova Antologia
del i.° agosto 1905). Egli crede che si possa giovare alla cultura ge-
nerale del pubblico e al progresso della scienza senza smuovere dalle
chiese e dalle pubbliche collezioni gli oggetti d'arte. « La scienza, in-
fatti, per le sue conclusioni e per il suo progresso, deve disporre di
tutto il materiale che può essere acquisito agli studi, ma questo ma-
teriale non è assolutamente necessario che essa abbia nello stesso
tempo sotto mano, poiché una volta che ne abbia presa conoscenza,
essa può bene ricostituirlo in unità organica mediante una sintesi pu-
ramente ideale. La cultura generale, dal canto suo, non cerca di co-
noscere tutte le manifestazioni dell'arte di un determinato periodo 0
di una certa regione, ma ha bisogno di vedere le espressioni più ca-
ratteristiche e singolari. E anche queste espressioni caratteristiche e
singolari, da coloro i quali vogliono far opera veramente proficua alla
pubblica educazione, non debbono essere scelte fra quelle che ogni
giorno sono esposte all'ammirazione di chi le ricerca, ma fra le altre
che, in condizioni normali, è impossibile 0 almeno difficile vedere ed
esaminare. Per questo le esposizioni annuali promosse dal Burlington
Fine Arts Club di Londra hanno oramai, e a buon dritto, un titolo di
larga benemerenza. Raccogliendo esclusivamente oggetti d'arte di pro-
prietà privata, essi rivelano tesori in gran parte ignorati, forniscono
argomenti a discussioni feconde.Ma schiodare dai vecchi telai le
antichissime favole già insidiate dai tarli, dall'umidità e dal tempo,
togliere agli altari i paliotti istoriati, ai cori i loro stalli, alle sagrestie
le ricche pianete è una barbarie che non ci stancheremo mai di ripro-
vare, e che non dovrebbe essere più permessa per l'avvenire. È così
infatti che, il più delle volte, queste mostre di arte retrospettiva si
risolvono in un vero disastro per la conservazione delle opere d'arte
esposte, e in un aiuto poderoso alla speculazione privata, la quale se
ne giova per fare le sue scelte e gli elementi degli oggetti destinati
ad arricchire i musei stranieri pubblici e privati ».
L'esattezza di quest'ultima osservazione è apparsa evidente all'espo-
sizione retrospettiva dell'arte marchigiana a Macerata, dove non si è
dubitato di apporre sotto molti quadri il cartellino: Si vende!
Per fortuna gli oggetti destinati all'Esposizione di Chieti non sof-
frivano ad essere rimossi dal loro posto consueto e l'accorta vigilanza
degli ordinatori ne ha garentita la loro integrità materiale. Di alcuni
oggetti, che già prendevano la via dell'estero, è stata impedita la ven-
dita, e di tutti il Ministero ha potuto fare un completo censimento con
una copiosa raccolta di riproduzioni fotografiche. Di queste fotografie,
molto belle e inedite, ci dà un saggio il fase. 130, voi. XXII, dello
Emporium (Bergamo, ottobre 1905), nelle illustrazioni ad un garbato
articolo di Giuseppe Mezzanotte su l'Antica arte abruzzese e la mo-
stra di Chieti.
La ceramica abruzzese è tornata già da tempo agli umili principii,
a fornire cioè di rustico vasellame le case e le mense modeste nelle
nostre province. Ma essa ebbe pure un periodo di splendore tra la
fine del sec. XVII e il principio del XIX. Quale l'impulso che fece
trasformare l'umile mestiere in squisita industria artistica? Per quali
vie i perfezionamenti della tecnica pervennero alle officine del piccolo
paese perduto tra i monti; e quali esempi di un'arte superiore affina-
rono il gusto di quelle famiglie di artefici, dei Cappelletti, dei Fuina,
dei Gentili, dei Grue? Non cade dubbio, dopo gli argomenti addotti
dal Bernabei, che la ceramica di Castelli si ispirò nei suoi primordi a
quella di Faenza; ma in molte opere abruzzesi è stata riconosciuta
anche l'influenza dei Della Robbia. È questo un capitolo della storia
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Lavori nella chiesa dell'Incoronata.
Dal rettore dell'ufficio regionale è stato dato incarico all'arch.
E. Bernich di redigere un progetto per alcuni lavori da compiere nella
chiesa dell'Incoronata, per tutelarne gli affreschi e i resti architetto-
nici che furono già illustrati dallo stesso Bernich in questa rivista
(XIII, 100-103).
Don Fastidio.
DA LIBRI E PERIODICI
Nelle note bibliografiche di questo fascicolo devono prendere il
primo posto le pubblicazioni intorno all'arte abruzzese, che hanno avuto
occasione dall'esposizione di Chieti, la quale ha mostrato le origini e
lo svolgimento di alcuni rami di quell'arte.
Cominciamo dal « numero commemorativo », che, col titolo Ferite
latine, il libraio Francesco Leccese di Chieti pubblicò nell'inaugura-
zione. Il fascicolo, copiosamente ornato da zincotipie, contiene i se-
guenti articoli: Vincenzo Balzano: Tesoro di arte sulmonese in S. Pie-
tro Avellana (Campobasso); Cesare de Laurentiis: Il missale Borgia;
Beniamino Costantini: Le croci processionali di Orsogna; Benedetto
Croce: La « macchia ».
Con grande studio ed amore è stato compilato il catalogo, al quale
hanno atteso principalmente Giovanni Tesorone e Pietro Piccirilli e
Cesare de Laurentiis, e poi Vincenzo Balzano, Vincenzo Zecca e Fedele
Cappelletti (Catalogo generale della mostra d'arte antica abruzzese in
Chieti, Chieti, Nicola Jecco, 1905). L'aver dovuto sottoporre ciascun
°ggetto ad un esame attentissimo, per determinarne con sicuri criterii
l'officina, e il tempo, e, quando è stato possibile, l'artefice, ha cagio-
nato un notevole ritardo. Il volume si è pubblicato a mezzo del pe-
riodo dell'esposizione, ma resterà sempre come un inventario esattis-
simo di tanta parte della produzione artistica abruzzese e come una
guida sicura ai ricercatori e agli studiosi. Sappiamo che ad esso terrà
dietro tra non molto un volume ampiamente illustrato, in cui la cera-
mica, l'oreficeria, i merletti e i tappeti degli Abruzzi saranno esaurien-
temente studiati in apposite monografie.
* *
Aspettando la trattazione completa di simili argomenti, giova in-
tanto segnalare, in aggiunta a quelli da noi registrati nei prece-
denti fascicoli, altri articoli descrittivi comparsi nelle principali riviste.
Due finora ne ha pubblicati Pietro Piccirilli: il primo nell'lllu-
strazione Abruzzese (serie II, anno I, fase. III), l'altro nella Rivista
Abruzzese (anno XX, fase. VIII-IX; Teramo, agosto-settembre 1905).
Reliquie di Abruzzo intitola Ettore Janni il suo articolo inserito nella
Lettura (anno V, n. IX; Milano, settembre 1905), nel quale, pur accen-
nando alle altre parti, si ferma più specialmente sulla ceramica. A
proposito dell'Esposizione di Chieti Adolfo Venturi scrive alcune brevi
considerazioni sull'utilità delle Esposizioni di arte retrospettiva (nel
fase. IX dell'Illustrazione Abruzzese) e sui criterii con cui dovrebbero
essere formate. Egli lamenta la ristrettezza di vedute del Governo e dei
privati collezionisti, la quale impedisce che queste mostre temporanee
riescano tanto copiose di opere quanto sarebbe necessario per dare
un'idea completa dello svolgimento dell'arte, e siano ordinate con una
progressività rigorosamente cronologica.
Un tal fine si dovrebbe raggiungere, evitando al glorioso nostro
patrimonio artistico i pericoli che lo minacciano per queste esposizioni
oramai troppo frequenti e che giustamente preoccupano Arduino Co-
lasanti (L'Arte d'Abruzzo e l'Esposizione di Chieti, in Nuova Antologia
del i.° agosto 1905). Egli crede che si possa giovare alla cultura ge-
nerale del pubblico e al progresso della scienza senza smuovere dalle
chiese e dalle pubbliche collezioni gli oggetti d'arte. « La scienza, in-
fatti, per le sue conclusioni e per il suo progresso, deve disporre di
tutto il materiale che può essere acquisito agli studi, ma questo ma-
teriale non è assolutamente necessario che essa abbia nello stesso
tempo sotto mano, poiché una volta che ne abbia presa conoscenza,
essa può bene ricostituirlo in unità organica mediante una sintesi pu-
ramente ideale. La cultura generale, dal canto suo, non cerca di co-
noscere tutte le manifestazioni dell'arte di un determinato periodo 0
di una certa regione, ma ha bisogno di vedere le espressioni più ca-
ratteristiche e singolari. E anche queste espressioni caratteristiche e
singolari, da coloro i quali vogliono far opera veramente proficua alla
pubblica educazione, non debbono essere scelte fra quelle che ogni
giorno sono esposte all'ammirazione di chi le ricerca, ma fra le altre
che, in condizioni normali, è impossibile 0 almeno difficile vedere ed
esaminare. Per questo le esposizioni annuali promosse dal Burlington
Fine Arts Club di Londra hanno oramai, e a buon dritto, un titolo di
larga benemerenza. Raccogliendo esclusivamente oggetti d'arte di pro-
prietà privata, essi rivelano tesori in gran parte ignorati, forniscono
argomenti a discussioni feconde.Ma schiodare dai vecchi telai le
antichissime favole già insidiate dai tarli, dall'umidità e dal tempo,
togliere agli altari i paliotti istoriati, ai cori i loro stalli, alle sagrestie
le ricche pianete è una barbarie che non ci stancheremo mai di ripro-
vare, e che non dovrebbe essere più permessa per l'avvenire. È così
infatti che, il più delle volte, queste mostre di arte retrospettiva si
risolvono in un vero disastro per la conservazione delle opere d'arte
esposte, e in un aiuto poderoso alla speculazione privata, la quale se
ne giova per fare le sue scelte e gli elementi degli oggetti destinati
ad arricchire i musei stranieri pubblici e privati ».
L'esattezza di quest'ultima osservazione è apparsa evidente all'espo-
sizione retrospettiva dell'arte marchigiana a Macerata, dove non si è
dubitato di apporre sotto molti quadri il cartellino: Si vende!
Per fortuna gli oggetti destinati all'Esposizione di Chieti non sof-
frivano ad essere rimossi dal loro posto consueto e l'accorta vigilanza
degli ordinatori ne ha garentita la loro integrità materiale. Di alcuni
oggetti, che già prendevano la via dell'estero, è stata impedita la ven-
dita, e di tutti il Ministero ha potuto fare un completo censimento con
una copiosa raccolta di riproduzioni fotografiche. Di queste fotografie,
molto belle e inedite, ci dà un saggio il fase. 130, voi. XXII, dello
Emporium (Bergamo, ottobre 1905), nelle illustrazioni ad un garbato
articolo di Giuseppe Mezzanotte su l'Antica arte abruzzese e la mo-
stra di Chieti.
La ceramica abruzzese è tornata già da tempo agli umili principii,
a fornire cioè di rustico vasellame le case e le mense modeste nelle
nostre province. Ma essa ebbe pure un periodo di splendore tra la
fine del sec. XVII e il principio del XIX. Quale l'impulso che fece
trasformare l'umile mestiere in squisita industria artistica? Per quali
vie i perfezionamenti della tecnica pervennero alle officine del piccolo
paese perduto tra i monti; e quali esempi di un'arte superiore affina-
rono il gusto di quelle famiglie di artefici, dei Cappelletti, dei Fuina,
dei Gentili, dei Grue? Non cade dubbio, dopo gli argomenti addotti
dal Bernabei, che la ceramica di Castelli si ispirò nei suoi primordi a
quella di Faenza; ma in molte opere abruzzesi è stata riconosciuta
anche l'influenza dei Della Robbia. È questo un capitolo della storia