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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 14.1905

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Nr. 12
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Ceci, Giuseppe: Documenti per l'arte napoletana del secolo XVII
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Varietà intorno al "Lazzari"[3]
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https://doi.org/10.11588/diglit.71025#0206

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190

NAPOLI NOBILISSIMA

porsi nella cappella del tesoro, e ordinò al Padre Isidoro Allegria,
che me havesse dato scudi cento a buon conto di detto quadro,
il quale fu da me abbozzato.
Alla tornata del R. P. soprad.° si ammalò e passò a miglior
vita per il che rimase il negotio confuso senza scrittura, e suc-
cesse il R. P. D. Lorenzo Candela, tutto dissimile dal passato
di curiosità, e fatto la istanza che mi havesse pagato quell'opera
a fresco mi diede a buon conto scudi 25, che faceva vedere il
mondo perso.
Doppo io venni a Roma per alcuni negotii del mio paese e
fece di nuovo istanza a d.° D. Lorenzo Candela il quale mi fece
dare due. io alla signora Candida mia moglie e di lì a pochi
mesi passò a miglior vita.
Successe a lui il R. P. D. Andrea Cancellieri, che era inteso
del negotio, et io gli scrissi da Roma, mi diede assai buone
parole, et al tempo che era vicerè il S.r Conte d'Ognatte io fui
in Napoli feci di nuovo istanza mi promise assai, ma non mi
osservò nulla, ma se io mi fossi potuto trattenere cossi avrei
supito il negotio.
Hora è la mia pretentione delli primi tre quadri, li due della
sagrestia, e quello del coro per prezzo di duc. 800; dell'opera
intendo, che delle quattro parti della mia fatica ne siano fatte
tre, ancorché il quadro sia grande tuttavia è di minor fatica
come si può vedere dal disegno che si conserva appresso li
RR. PP. fatto per man del signor cav. Cosimo Fanzago.
Secondo, che se il quadro del mezzo tondo che havea da
andare nella cappella del tesoro, giacché il P. D. Lorenzo non
volle, che si fornisse, che li cento scudi sieno persi, e però se
lo vogliono fornire, che me lo mandino a Roma, che sono pronto
per finirla, altrimenti come sopra.
Terzo dell'opera fatta a fresco io non ho avuto altro che
duc. 25 e la signora mia moglie altri duc. 10; che sono duc. 35,
che pur dovrà importare duc. 200.
Delli denari che io ho ricevuto me ne riferisco alli loro
libri come religiosi buoni e giusti come anche alle mie rice-
vute, nè la casa di S. Martino ha bisogno delle miserie di un
virtuoso.
Ho pubblicato questi documenti, dal fascicolo 2161 dei
Monasteri soppressi, in aggiunta a quelli editi dal Faraglia
nell'Archivio storico per le province napoletane ^.
Illustrano in qualche particolare nuovo le relazioni non
sempre cordiali fra i frati mecenati e gli artisti, e ci ap-
prendono come Cosimo Fanzago non si restringeva per
gli abbellimenti della certosa di S. Martino, eseguiti in-
torno alla metà del seicento, alla direzione delle fabbri-
che o alle sculture, ma interveniva anche nelle commis-
sioni dei dipinti e ne ideava qualche volta perfino il di-
segno.
Giuseppe Ceci.

VARIETÀ INTORNO AI "LAZZARI,,
(Cont. e fine •— v. fase. XI).
III.
I LAZZARI
IN UNA POESIA « SOCIOLOGICA » DI CINQUANT'ANNI FA.
Di Vincenzo Padula, calabrese di Acri (1819-1893), let-
terato e poeta, ebbe occasione di discorrere il De Sanctis
nelle sue lezioni sulla letteratura del mezzogiorno d'Ita-
lia del periodo fra il 1830 e il 1860, ed io stesso nelle
note che apposi a quelle lezioni del De Sanctis raccolte
in volume (L, e più di recente il prof. S. de Chiara (2). Il
Padula era dotato di una fresca vena di poesia e, mal-
grado i suoi molti difetti, resta forse il miglior tempera-
mento di poeta sorto in quel tempo nell'Italia meridionale.
Pochissimi conoscono una sua canzone, scritta nel 1857,
e pubblicata per la prima volta, ch'io sappia, nel 1864 (3).
Voglio darne qui qualche saggio, perchè, nel suo stile di
derivazione pariniana, contiene una descrizione felice della
poveraglia napoletana degli ultimi tempi dei Borboni.
Il soggetto della canzone è il seguente. L'autore legge
per via uno dei soliti avvisi, attaccato ai muri, nel quale
una signora prometteva una mancia di venti ducati a chi
le riportasse una sua cagnolina inglese smarrita. Da que-
sto tenue incidente il suo animo riceve una scossa; e, pas-
sando con rapidità di pensiero in pensiero, ponendo a
confronto i capricci del lusso dei ricchi, e la vita della
plebe, con impeto si volge a un tratto alla nobile dama
addolorata per la perdita della cagnolina, esclamando:
Dalle cime superne
Dell'Olimpo patrizio, ov'hai la stanza,
Non ti sei mai ritolta?
Non mai scendesti nelle valli inferne,
Ove col vizio la miseria danza?
Ora vi scendi, e ascolta!
Ascolti da lui su quali orrori ella passa indifferente, e,
peggio che indifferente, con la mente e il cuore agitati
da inezie, che assumono un aspetto d'ironia e d'insulto
innanzi allo strazio e all'abiezione di tante creature umane.
Ascolti:
Un popolo selvaggio
Sotto questa civil vita, ch'educa
Rose soltanto a vostre nari illustri,
Brulica e freme, come al caldo raggio

(1) Nel vol. X: Notizia di alcuni artisti che lavorarono nella chiesa
di S. Martino e nel Tesoro di S. Gennaro; e nel vol. XVII: Notizia di
alcuni artisti che lavorarono nella chiesa di S. Martino sopra Napoli.

(1) La letteratura italiana nel secolo XIX, Napoli, Morano, 1898,
pp. 100-118, e le mie note pp. 208-218.

(2) Della poesia di Vincenzo Padula, Cosenza, Aprea, 1903.

(3) Nel Bruzio, giornale politico letterario (scritto tutto dal Padula),
Cosenza, a. I, 1864, n. 28. —• È ora ristampata nelle Poesie edite ed
inedite di V. Padula, Napoli, Morano e Veraldi, 1894.
 
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