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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 14.1905

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Nr. 9
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Laccetti, Filippo: Memorie d'arte vastese[4]
DOI article:
Fastido, Don: Un boia appiccato
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https://doi.org/10.11588/diglit.71025#0154

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138

NAPOLI NOBILISSIMA

Nei primi anni dell'attuale secolo fu rifatta a mattoni la
scala esterna di accesso a questo tempio, mutando e sdop-
piando la direzione della sua rampa da quella normale al
fronte in quella parallela ad esso. Cotesto fu condotto su
disegno dell'architetto Luigi Pietrocola, il quale mostra di
voler proseguire in Vasto la tradizione famigliare: quella,
cioè, lasciatavi dallo architetto Nicola Maria Pietrocola
(1794-1865), discepolo prima in Roma dell'accademia di
S. Luca e poi in Napoli di Pietro Valente, direttore dei
reali studi di Belle Arti, siccome lo stesso architetto
Pietrocola ricorda nella prefazione agli Scritti di Architet-
tura pratica, pubblicati dalla vedova nel 1869. E ricor-
diamo qui Nicola Maria Pietrocola, che fu grandemente
benemerito dell'architettura vastese degli ultimi tempi,
avendo avuto egli mano nel rinnovamento della cappella
del Sacramento in S. Pietro; nella costruzione della cu-
pola di S. Maria « di palmi 34 di diametro », nelle lo-
devoli fabbriche del Rulli, del Palmieri, del Jecco, del
Genova, del Monteferrante in Vasto ed in quella del Bo-
schetti in Cupello; nella fabbrica del camposanto ed in
quella del teatro comunale in Vasto, la cui sala è, senza
dubbio, una delle cose più belle da lui costruite, sebbene
sciupata dall'edacità del tempo. Questo teatro, che allo
esterno non ha segno di arte alcuna ed andrebbe perciò
restaurato decorosamente, fu cominciato intorno al 1818
e terminato verso il 1830: Pasquale Monacelli curò la
esecuzione — davvero lodevole — della parte in legno;
laddove lo scenario venne eseguito dal pittore Franceschini
di Orsogna, il quale dipinse pure sul sipario « l'incoro-
nazione di Lucio Valerio Pudente in Campidoglio » su
bozzetto del pittore chietino de Laurentis (1783-1832), ac-
cademico di S. Luca e professore di Belle Arti in Napoli.
Attualmente il teatro si intitola a Gabriele Rossetti: ha tre
ordini di palchi spartiti da pilastri corinti od a palma di
accurato disegno e di buon effetto architettonico, mentre i
parapetti, decorati da cigni abbeverantisi in fontane, 0 da
lire e da arpe, o da festoni e ghirlande appropriatissime,
pallidamente rilucono sotto la doratura quasi secolare.
*
La pittura del Vasto e nel Vasto, argomento estesissimo
e comprendente i nomi più riputati, darebbe luogo a largo
discorso illustrativo, ma è cómpito questo che qui non
ci imporremo.
A noi basta aver percorsa la produzione architettonica,
la quale per molti punti di contatto si confonde con la
produzione scultoria, averne rilevata tutta l'importanza nel
Vasto, ed invocare pei suoi cittadini operosi ancora un
raggio del fulgore passato.
Napoli, marzo 1905.
Filippo Laccetti.

UN BOIA APPICCATO (l)

Sembra, non è vero, una cosa quasi impossibile? E
pure, è avvenuta qui, sotto il bel cielo di Napoli. Vero è
che allora ci governava il terribile don Innico Velez de
Guevara e Tassis, conte di Ohatte, pel quale la vita d'un
napoletano valevo quanto quella d'una mosca; sì che si
disse che non la perdonò nemmeno al boia. Per altro,
dei tanti omicidii legali fatti commettere da quél viceré,
questo non gridò certo vendetta innanzi a Dio.
Infatti Antonio Sabatino — il boia appiccato — era un
furfante in tutta l'estensione della parola. E, come tutti i
furfanti, non aveva che una sola passione: il danaro. Se
fosse vissuto in altri tempi ed in altri paesi, gli sarebbe
bastato esercitare onestamente, per così dire, il mestiere,
per guadagnare parecchio. Ma a Napoli non erano re,
che, come Enrico VIII d'Inghilterra, regalassero all'ese-
cutore di giustizia le borchie diamantate de' propri man-
telli; nè era molto facile procurarsi incerti d'altro genere.
Pure il Sabatino seppe trovarne. Troppi desiderii di
vendetta aveva lasciati la rivoluzione del 1647-8, perchè
semplici esecuzioni capitali bastassero ad appagarli. Non
mancavano, quindi, animi generosi, che avrebbero voluto
inventare i più atroci supplizi per chi, un giorno, aveva
cagionata loro una terribile paura. Antonio Sabatino s'in-
caricò di servirli. — « Datemi cento ducati, ed io farò
soffrire al vostro nemico, prima della morte, pene così
strazianti, che egli, nell'eccesso del dolore, dimenticherà
tutti i bei propositi di rassegnazione, morrà bestemmiando,
ed andrà in tal modo direttamente all'inferno ».
La proposta, manco a dirlo, era accettata, i ducati sbor-
sati, ed il contratto stretto. Credete voi che il boia pen-
sasse ad eseguirlo in buona fede? Era troppo furbo il
birbone! Si recava dai parenti del condannato, e poneva
loro — mi si perdoni il napoletanismo: tanto si tratta
d'un boia — il cappio alla gola: o cento ducati, 0 il loro
caro sarebbe morto fra i più atroci tormenti. Le famiglie,
naturalmente, pagavano, quando potevano: se non pote-
vano, non era supplizio che quella belva risparmiasse ai
poveri giustiziandi. Se doveva appiccarli, tardava a salire
sulle loro spalle, per prolungarne così, più che era possi-
bile, la tormentosissima agonia; se doveva decollarli, fa-

fi) Le notizie date nel presente articolo sono tratte dai Successi
historici raccolti dal Governo del Conte di Ognatte (sic) Viceré di Napoli
dal mese di aprile 1648 per tutto li 20 di novembre 1653, che successe
al Governo di questo Regno il Conte di Castriglio (sic) Per Innocenzo
Fuidoro [Vincenzo d'Onofrio], ms. presso la Bibl. Naz. di Napoli
(X, B, 45), pp. 396-8, e dagli opuscoli citati più giù. L'argomento
è stato diversamente trattato da R. Parisi in una serie di articoli,
A proposito dell'esecuzione Pranzini, ne La lega del bene, II (1887),
nn. 38-43.
 
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