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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 14.1905

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Nr. 9
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Fastido, Don: Un boia appiccato
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Varietà intorno al "Lazzari"[1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.71025#0156

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140

NAPOLI NOBILISSIMA

alterius pecunia mediante.... et aliis extorsionibus in eodem
ministerio commissis », a dì 23 agosto 1651, fu condan-
nato ad essere torturato « tamquam cadaver, ad sciendum
complices », e poi condotto « supra currum ad Forum
Magnum [piazza del Mercato] ut laqueo moriatur in fur-
cis, cuius cadaver deinde dividatur in frusta, eiusque caput
in crate ferrea inclusum ponatur palatio Magnae Curiae Vi-
carie ».
Tre giorni dopo, una enorme folla di gente d'ogni grado
e condizione si pigiava in piazza del Mercato. Le finestre,
adorne di grandi coperte pendenti di seta, erano gremite
di cavalieri e dame, che avevano pagato un occhio quel
posto privilegiato. Innumerevoli poi le carrozze.
Ed ecco apparire, verso le ore ventitré italiane, il triste
corteo. Precedeva un trombetto, con un grande cartello in
mano, che, in mezzo al frastuono, gridava a perdifiato:
« Questa giustizia la manda la gran corte della Vicaria,
delegata per S. E. Questo è Antonio Sabatino....»; e qui
la specificazione delle pene e dei delitti commessi da quel
mostro. Il quale, umile in tanta gloria, se ne stava sul
fatale carretto ad occhi chiusi, sia per non vedere tutta
quella folla plaudente, sia, come dice un cronista, perchè
« sapeva bene, per tanti hanni che l'havea sperimentato,
che l'appiccati alle forche con gli occhi aperti, dal carne-
fice li sono serrati ». Accanto a lui si pavoneggiava il boia
« di campagna », il quale non entrava nei panni dalla
gioia di poter debuttare in città proprio sulla persona di
un collega; e, per mostrare al popolo che conosceva il
mestiere meglio di costui, non tralasciava di porre in vista
un laccio, che sapientemente aveva spalmato di sego....

Sembra che sia una specialità dei carnefici napoletani
essere commemorati in morte con iscrizioni. Pasquale Car-
cani e Ferdinando Galiani vollero render celebre in tal
modo il nome di Domenico lannaccone, carnefice della
Vicaria, ucciso in una rissa 0). Il fiscale de Palma già
menzionato, s'incaricò di Antonio Sabatino, dopo aver
tanto sudato per mandarlo a morte. Ed, invasato dall'estro
epigrafico, scrisse:
M. ANTONIJ SABATINI CARNIFICIS VRBIS NEAPOLIS
TVMVLVS
ABSCEDAS VIATOR HINC
ILLIVS
PERHORRESCE CADAVER
QVI
IN CADAVERA DES^VIEBAT IMMANITER
VIXIT VT NOCERET NOCVIT VT VIVERET
ABITO HINC
A MORTVO NE TRVCIDERE VIVVS
QVI
VIVVS TRVCIDABAT VEL MORTVOS
IMMANIS ET IMPIVS
IPSA IN IVSTITIA
VNO NIMIRVM QVI IN CRIMINE
CRIMINI COPVLAVIT OMNIA
LACRYMIS SARCOPHAGVM NE SPARGITO
ALIORVM LACRYMIS LAPIDESCERE
CONSVEVIT IMMANIOR
SCELERVM HAVD VLLVM GENVS QVOD HVC NON PERTINEAT
ANTONIVS SABATINVS VOCITATVS EST
E CARNIFICVM PROSAPIA
OB ID FORTASSIS
VT VLTIMVS ESSET INNVMERIS DIES.
Don Fastidio.
(1) Vedi in questa rivista, XIV (1905), p. 12 sg.

VARIETÀ INTORNO AI "LAZZARI,, (*)
I.
Origine della parola.
Sulla buona via, nella ricerca della vera origine della
parola lazzaro, ci mise già il Galiani nel secolo scorso, con
una noterella inserita nel Vocabolario degli Accademici Filo-
putridi (D. Altri elementi importanti per la stessa ricerca si

(*) Queste ricerche, che ora ripubblico con aggiunte, apparvero già
nell'Archivio perlo studio delle tradizioni popolari, di Palermo, vol. XIV,
l895-
(1) Napoli, Porcelli, 1789, vol. I, 190-1. — È noto che in questo
mediocrissimo vocabolario, stampato due anni dopo la morte del Ga-
liani, non v'è altro di buono che gli articoli dell'abate. Quale sia la
parte che a costui veramente appartiene, ora si può dire con certezza,
essendosi trovato nell'archivio galianeo, posseduto da F. Nicolini, gli
appunti e la redazione definitiva del vocabolario suddetto, quale l'aveva
concepito il Galiani. Gli appunti sono quasi tutti autografi di quest'ul-

trovano raccolti nel Dizionario etimologico del Diez (D. Io
continuerò l'indagine, aggiungendo alcuni particolari ed
osservazioni.
Il nome di lazzari, dato alla plebe napoletana, vien
fuori la prima volta in occasione della rivoluzione del
1647-8, detta di Masaniello. Fino a quel tempo, i nostri
cronisti e i nostri storici, che avevan dovuto scrivere di
tanti moti e tumulti della minuta popolazione di Napoli,
avevan sempre fatto menzione del vii popolo o del popolo
plebeo, quando scrivevano in italiano, e dell'humillima plebs,
quando scrivevano in latino. Nessuno aveva sentito il bi-
sogno di usare un termine speciale — i ruffiani, i compa-

timo, e ve ne ha pochissimi di pugno di G. V. Meola e di P. Napoli
Signorelli; in modo che la partecipazione di costoro al lavoro appare
molto minore di quella che ha creduto Gaetano Amalfi, nei suoi
noti Dubbi sul Galiani.
(1) Etymol. Worterbuch der romanischen Sprachen. Cito la 4." ed.,
Bonn, 1878, p. 190, cfr. 723.
 
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