RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
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babilmente presso porta S. Gennaro; e da essi forse si di-
ramarono gli Antinoiti, abitanti, come pare, a monte di
S. Giovanni Maggiore. Dubbia o ignota la ragione de'
nomi de' Panclidi, forse sulla stessa collina, all'angolo più
occidentale o al piano sottostante; de' Cretondi, all'imboc-
catura del vico S. Filippo e Giacomo; degli Aristei, a
Somma Piazza, degli Oinonei, loro vicini.
Ma all'elemento originario non mancarono aggiunte eso-
tiche, grazie alla postura della città e alla vivacità de' suoi
traffici. Il nome di vico degli Alessandrini, dato per tempo
al cardine tra porta Ventosa e il decumano inferiore, at-
testa la presenza colà di quegli stranieri.
Fida al trattato del 326, Napoli soccorse lungamente
Roma con danaro e con navi. Quando Annibale ebbe
vinto i romani a Canne (216), volle impadronirsi di un
porto che fosse ottimo approdo alle navi provenienti da
Cartagine. E pensò a Napoli; ma il suo doppio tentativo
contro la nostra città andò a vuoto. Napoli rimase fedele
aH'alleata, e conservò la propria personalità politica con
la sua fisonomia tutta greca, sino allo scoppio della guerra
sociale. Allora, come è noto, Roma accordò il diritto di
cittadinanza a' latini come a' soci rimastile fidi (90). Que-
st'onore non ambivano la maggioranza de' napoletani, ge-
losi della propria indipendenza e delle proprie tradizioni.
Ma i privilegi accordati da Roma furono tali (conserva-
zione della lingua ufficiale, de' costumi, degl'istituti, tra
cui la collegialità del potere supremo), che l'opposto par-
tito prevalse. E Napoli, fatta municipio romano, fu in-
scritta nella tribù Mecia.
Dopo d'allora un colpo fatale le recò la prima guerra
civile, quando, parteggiando Napoli per Mario, Siila la
espugnò, vi uccise molti, le impose un presidio, le tolse
le navi e il dominio d'Ischia (83 av. C.).
Pure una certa importanza le rimase. Lo stesso Silla
più volte venne da Pozzuoli a trattenersi a Napoli in una
casa che Cicerone ebbe idea di comprare. Il grande ora-
tore spesso fu a Napoli, ospite d'un suo amico, Papirio
Peto, seguace d'Epicuro. Anche Pomponio Attico cercò
acquistare qui una casa di M. Rabirio; ma fu invece ven-
duta a M. Fonteio, noto per la difesa che ne fece Cicerone.
In ogni modo, sopravvissero alle vendette sillane l'im-
portanza del porto di Napoli, pur dopo che quello pros-
simo di Pozzuoli fu elevato ad importanza straordinaria,
la fisonomia greca della città, la sua condizione di uno
de' centri più luminosi della cultura ellenica.
L'imperatore Claudio venne qui a far rappresentare una
sua commedia greca in onore di Germanico. Il suo suc-
cessore con grande séguito cominciò di qui la sua tournée
istrionica pel mondo greco. Gli applausi prodigatigli a
teatro dagli Alessandrini gli giunsero nuovi e graditissimi.
Egli ne chiamò altri, che formarono una colonia attorno
al vico, che già ne portava il nome. E la contrada ne ri-
cevette il nome di regione Nilense; e vi si eresse il mo-
numento al gran fiume, che fu rinvenuto acefalo nel se-
colo XVI, e si vede ancora. Forse di fronte ad esso, sorse
anche un tempio d'Iside. Sono monumenti egiziani, con-
nessi a' ricordi di Nerone. Ma altro avanzo, anch'esso du-
revole, di quella visita, resta, a carezzare gli orecchi no-
stri per lunghi giorni prima e per lunghi giorni dopo la
festa di Piedigrotta, nei putipù, mattoni e craste, che val-
gono que' bombi, imbrices e testar, al suono de' quali l'Au-
gusto fece addestrare qui, per esserne applaudito, cinque-
mila robusti plebei.
Reduce da quel viaggio, Nerone rivide Napoli, entrandovi
per una breccia in un carro tirato da bianchi cavalli. Il
maestro suo, Seneca, quando era qui, ascoltava ogni giorno
Metronatte, il filosofo stoico, l'uomo giusto, la cui scuola
(Seneca ne aveva vergogna per l'umanità) era tanto deserta
quanto affollato il prossimo teatro. Ma ciò non impedì a
Papinio Stazio padre di venirvi, anche a quel tempo, ad
aprire una scuola sua di grammatica e retorica; e con
fortuna, perchè vi concorsero giovani non solo dalla Cam-
pania, ma dalla Lucania e dall'Apulia. Più tardi suo figlio
venne più volte da Roma a trattenersi a Napoli, e finì
per decidere di ritirarvisi definitivamente. Erano suoi amici
Pollio Felice, proprietario duna suntuosa villa presso Sor-
rento e del Limon alla riviera di Ghiaia, e L. Arrunzio
Stella, che aveva una villa sul Lucrino e un'altra a Pompei.
Vespasiano allora aveva dato il titolo onorario di colonia
al municipio di Napoli. Suo figlio Tito, deliziato qui dal-
l'atleata Melancoma, vi fu forse demarco, come poi certa-
mente Adriano. Marco Aurelio, da cesare, vi frequentò
il teatro, l'odèon, il ginnasio, dove ascoltò le lezioni di
Polemone, illustre retore frigio eguagliato a Demostene;
e da augusto accordò alla diletta città il titolo di Aurelia
Augusta, al quale Caracalla aggiunse l'altro di Antoniniana
Felix. Il senato e il popolo di Napoli votarono basi all'im-
peratrice Elena.
E intanto il suo porto rigurgitava sempre di bastimenti
d'ogni paese, d'ogni genere e forma. Stava in fondo l'ar-
senale, diviso in più cantieri, e più a oriente la banchina,
rifatta e rinforzata sotto gli Antonini, come da due lapidi
scoperte un tredici anni fa. Affollato il molo, non solo da
marinai — da' cappelli a larghe falde, barbe irsute e in-
colte, abiti grigio ferro, con sciarpe di lana imbottita e
mantelli annodantisi all'omero sinistro, onde usciva nudo
il braccio — ma da venditori, da compratori, da curiosi.
E già allora merce esposta su' poggiuoli del molo erano
i libri vecchi, ammuffiti e sdruciti.
Intorno alle mura, fuori le porte, stazionavano veicoli
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babilmente presso porta S. Gennaro; e da essi forse si di-
ramarono gli Antinoiti, abitanti, come pare, a monte di
S. Giovanni Maggiore. Dubbia o ignota la ragione de'
nomi de' Panclidi, forse sulla stessa collina, all'angolo più
occidentale o al piano sottostante; de' Cretondi, all'imboc-
catura del vico S. Filippo e Giacomo; degli Aristei, a
Somma Piazza, degli Oinonei, loro vicini.
Ma all'elemento originario non mancarono aggiunte eso-
tiche, grazie alla postura della città e alla vivacità de' suoi
traffici. Il nome di vico degli Alessandrini, dato per tempo
al cardine tra porta Ventosa e il decumano inferiore, at-
testa la presenza colà di quegli stranieri.
Fida al trattato del 326, Napoli soccorse lungamente
Roma con danaro e con navi. Quando Annibale ebbe
vinto i romani a Canne (216), volle impadronirsi di un
porto che fosse ottimo approdo alle navi provenienti da
Cartagine. E pensò a Napoli; ma il suo doppio tentativo
contro la nostra città andò a vuoto. Napoli rimase fedele
aH'alleata, e conservò la propria personalità politica con
la sua fisonomia tutta greca, sino allo scoppio della guerra
sociale. Allora, come è noto, Roma accordò il diritto di
cittadinanza a' latini come a' soci rimastile fidi (90). Que-
st'onore non ambivano la maggioranza de' napoletani, ge-
losi della propria indipendenza e delle proprie tradizioni.
Ma i privilegi accordati da Roma furono tali (conserva-
zione della lingua ufficiale, de' costumi, degl'istituti, tra
cui la collegialità del potere supremo), che l'opposto par-
tito prevalse. E Napoli, fatta municipio romano, fu in-
scritta nella tribù Mecia.
Dopo d'allora un colpo fatale le recò la prima guerra
civile, quando, parteggiando Napoli per Mario, Siila la
espugnò, vi uccise molti, le impose un presidio, le tolse
le navi e il dominio d'Ischia (83 av. C.).
Pure una certa importanza le rimase. Lo stesso Silla
più volte venne da Pozzuoli a trattenersi a Napoli in una
casa che Cicerone ebbe idea di comprare. Il grande ora-
tore spesso fu a Napoli, ospite d'un suo amico, Papirio
Peto, seguace d'Epicuro. Anche Pomponio Attico cercò
acquistare qui una casa di M. Rabirio; ma fu invece ven-
duta a M. Fonteio, noto per la difesa che ne fece Cicerone.
In ogni modo, sopravvissero alle vendette sillane l'im-
portanza del porto di Napoli, pur dopo che quello pros-
simo di Pozzuoli fu elevato ad importanza straordinaria,
la fisonomia greca della città, la sua condizione di uno
de' centri più luminosi della cultura ellenica.
L'imperatore Claudio venne qui a far rappresentare una
sua commedia greca in onore di Germanico. Il suo suc-
cessore con grande séguito cominciò di qui la sua tournée
istrionica pel mondo greco. Gli applausi prodigatigli a
teatro dagli Alessandrini gli giunsero nuovi e graditissimi.
Egli ne chiamò altri, che formarono una colonia attorno
al vico, che già ne portava il nome. E la contrada ne ri-
cevette il nome di regione Nilense; e vi si eresse il mo-
numento al gran fiume, che fu rinvenuto acefalo nel se-
colo XVI, e si vede ancora. Forse di fronte ad esso, sorse
anche un tempio d'Iside. Sono monumenti egiziani, con-
nessi a' ricordi di Nerone. Ma altro avanzo, anch'esso du-
revole, di quella visita, resta, a carezzare gli orecchi no-
stri per lunghi giorni prima e per lunghi giorni dopo la
festa di Piedigrotta, nei putipù, mattoni e craste, che val-
gono que' bombi, imbrices e testar, al suono de' quali l'Au-
gusto fece addestrare qui, per esserne applaudito, cinque-
mila robusti plebei.
Reduce da quel viaggio, Nerone rivide Napoli, entrandovi
per una breccia in un carro tirato da bianchi cavalli. Il
maestro suo, Seneca, quando era qui, ascoltava ogni giorno
Metronatte, il filosofo stoico, l'uomo giusto, la cui scuola
(Seneca ne aveva vergogna per l'umanità) era tanto deserta
quanto affollato il prossimo teatro. Ma ciò non impedì a
Papinio Stazio padre di venirvi, anche a quel tempo, ad
aprire una scuola sua di grammatica e retorica; e con
fortuna, perchè vi concorsero giovani non solo dalla Cam-
pania, ma dalla Lucania e dall'Apulia. Più tardi suo figlio
venne più volte da Roma a trattenersi a Napoli, e finì
per decidere di ritirarvisi definitivamente. Erano suoi amici
Pollio Felice, proprietario duna suntuosa villa presso Sor-
rento e del Limon alla riviera di Ghiaia, e L. Arrunzio
Stella, che aveva una villa sul Lucrino e un'altra a Pompei.
Vespasiano allora aveva dato il titolo onorario di colonia
al municipio di Napoli. Suo figlio Tito, deliziato qui dal-
l'atleata Melancoma, vi fu forse demarco, come poi certa-
mente Adriano. Marco Aurelio, da cesare, vi frequentò
il teatro, l'odèon, il ginnasio, dove ascoltò le lezioni di
Polemone, illustre retore frigio eguagliato a Demostene;
e da augusto accordò alla diletta città il titolo di Aurelia
Augusta, al quale Caracalla aggiunse l'altro di Antoniniana
Felix. Il senato e il popolo di Napoli votarono basi all'im-
peratrice Elena.
E intanto il suo porto rigurgitava sempre di bastimenti
d'ogni paese, d'ogni genere e forma. Stava in fondo l'ar-
senale, diviso in più cantieri, e più a oriente la banchina,
rifatta e rinforzata sotto gli Antonini, come da due lapidi
scoperte un tredici anni fa. Affollato il molo, non solo da
marinai — da' cappelli a larghe falde, barbe irsute e in-
colte, abiti grigio ferro, con sciarpe di lana imbottita e
mantelli annodantisi all'omero sinistro, onde usciva nudo
il braccio — ma da venditori, da compratori, da curiosi.
E già allora merce esposta su' poggiuoli del molo erano
i libri vecchi, ammuffiti e sdruciti.
Intorno alle mura, fuori le porte, stazionavano veicoli