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Napoli nobilissima — 3.1894

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

123

Ancor vivo, Don Pietro ordinò allo scultore Giovanni Marigliano
da Nola, del quale s’era valso in tante opere fatte in Napoli, il la-
voro della tomba. Secondo il Vasari, essa era destinata a portarsi in
Ispagna (1); ma a ciò contradice l’iscrizione che dice esplicitamente:
monumentum vivens in ecclesia dotata et a fundamentis creda pon. man.
In che tempo fosse cominciata e compiuta l’opera, non è noto.
Luigi Tansillo ha due sonetti, nei quali si accenna all’opera di Gio-
vanni da Nola. Il primo è rivolto al Toledo, e, parlando dei tre no-
lani che si apprestavano a rendere onore al viceré, ossia Girolamo
Albertino, maestro razionale della Zecca, che faceva intagliare le me-
daglie coll’effigie di lui, Giovanni da Nola che ne scolpiva le glorie
nel marmo, e il poeta Tansillo che le cantava nei suoi versi, dice
così:
Se non può Nola ergervi altari e tempi,
E rinnovar in voi l’antica usanza,
Col valor -di tre figli ella ha speranza
D’oggi sacrarvi a più lontani tempi.
L’un fa del ferro altrui stampar gli esempi,
Sopr’ór de la reai vostra sembianza,
E vuol, quando ogni età, che al mondo avanza,
Il nome udrà, che ’l volto ancor contempli (sic).
L’altro qual cera tratta il marmo, e dalli
Di sua man forma, e, con stupor de l’arte,
De’ vostri eccelsi onor l’orna ed intaglia.
Io, ch’eternar coi marmi e coi metalli
Non vi posso, v’onoro con le carte,
E se non l’opra, il buon voler mi vaglia (2).

Stefano, descrivendo nel 1560 la chiesa di S. Giacomo, non ne fa
motto. L’iscrizione che si legge sulla fronte di essa è del 1570, quando
per cura di D. Garzia di Toledo, figlio di D. Pietro, e viceré di Si-
cilia, l’opera fu compiuta. Qualche anno (1577), nella stessa cappella,
era deposto D. Garzia (1).
Il monumento consiste in un gran sarcofago quadrato, sorgente
su un basamento anche quadrato, i cui ripiani sono adorni di fregi e
figure emblematiche. Alla faccia anteriore del sarcofago, tra i due
stemmi degli Alvarez di Toledo e dei Pimentel Osorio, si legge l’iscri-
zione:

PETRUS TOLETUS
FREDERICI DUCIS ALVAE FILIUS
MARCHIO VILLAE FRANCHAE REG. NEAP. PROREX
TURCAR. HOSTIUMQUE OMNIUM SPE SUBLATA
RESTITUTA JUSTITIA URBE MOENIIS ARCE FORISQUE
AUCTA MUNITA ET EXORNATA
DENIQUE TOTO REG. DIVITIIS
ET HILARI SECURITATE REPLENO
MONUMENTUM
VIVENS IN ECCLESIA DOTATA
ET A FUNDAMENTIS ERECTA PON. MAN.
VIXIT AN. LXXIII. REXIT XXI.
OB. MDLIII. VII KAL. FEB.
MARIAE OSORIO PIMENTEL CONIUGIS CLARIS. IMAGO
GARSIA REG. SICIL. PROREX
MARISQUE PRAEFECTUS PARENTIBUS OPT. P.
MDLXX.

Ora, se è vero, co-
me ricorda il Fioren-
tino, che l’Albertino fu
maestro razionale solo
nel 1539(3), e se, co-
rner par chiaro, il poeta
allude a lavori contem-
poraneamente compiu-
ti dai tre nolani, e se
finalmente l’opera dì
Giovanni da Nola, cui
si allude, è la tomba
(non si conoscono al-
tre sculture di Giovan-


La tomba di D. Pietro di Toledo — Bassorilievo.
(Da fotografia).

Agli altri tre lati
del sarcofago, sono tre
storie in bassorilievo.
La prima, a sini-
stra di chi osserva, rap-
presenta l’impresa del
1538 contro i Turchi.
Questi, sbarcati sulle
nostre coste, non riu-
scendo a prender O-
tranto, occuparono e
saccheggiarono Ugento
e Castro. Don Pietro
di Toledo, riunite le

ni da Nola relative alle azioni del Toledo), bisognerebbe concludere
che il lavoro della tomba era stato già cominciato il 1539. La cosa
sembra poco probabile: tanto più che i bassirilievi laterali si riferi-
scono in parte a fatti posteriormente accaduti.
In lode della tomba di Giovanni da Nola e scritto quest altro so-
netto dello stesso Tansillo:
Quando dopo mill’anni e mille lustri
Andran le genti ad onorar la tomba,
Giovanni, ond’oggi il nome tuo rimbomba
Sovra quanti fur mai scoltori illustri,
— Beata man che col martello lustri
Le glorie altrui, più ch’altri con la tromba,
— Diran, •— pura per l’aria qual colomba
Voli tua fama e ’l mondo corra e lustri! •—
Lodando, ammireran l’alta scoltura,
Che rende un marmo nudo via più caro
Di quante gemme il mar tutto dar possa.
Ma via più loderan l’alta ventura
Del marmo, che le stelle destinare
Ad esser tomba di sì nobil ossa (4).

forze necessarie, parte ne mandò sulle navi del Doria e di suo figlio
Garzia, e colle altre si recò di persona in Puglia, fermandosi prima
a Melfi e di là dirigendosi su Taranto. I Turchi, persuasi di non
poter resistere, si ritirarono innanzi all’esercito di Don Pietro:

Del venir vostro apena intese il grido,
Signor, che Fonde del calcato lido
Li sembrar fiamma, e il pie’ timido torse

Quanti mai capi illustri onor di lauro
Ebber dal Tebro, vinsero e fugare
Gli avversari! con l’arme e voi col nome! (2).

Nel bassorilievo, si vede Don Pietro procedere a cavallo alla testa
di un gruppo d’armati: più in qua, prigionieri cristiani legati agli al-
beri e tormentati dai Turchi; poi un gruppo di combattenti; in fondo,
il mare e le navi destinate ai fuggenti.
La seconda, a destra di chi guarda, si riferisce a un’altra impresa,
nella quale Don Pietro vinse gli avversarli col nome: quella del

Quel ch’è certo, passarono parecchi anni dalla morte di Don Pie-
tro di Toledo prima che il monumento fosse collocato a posto. Il De

(1) Vasari, ed. Sansoni, V, 96.
(2) Son. XII, ed. Fiorentino, p. 7.
(3) Note alla cit. ediz. p. 208.
(4) Son. XXII, ed. cit., p. 12.

(1) Il Ranbo nel suo Libro de los virreyes lugartenientes del Regno de
Napoles (pubbl. nei Docum. par la hist. de Espana, t. XXIII), dà notizia,
p. 240, dei funerali fatti a Don Garzia soggiungendo: «Fui sepultado en
« Santiago de los Espanoles con la mayor pompa funeral que jamàs se ha
« visto, detras del aitar mayor, donde hizo su capilla y entierro, poniendo
« al rededor del sepulcro todas las banderas y empresas corno en el dia
« de hoy se ven ».
(2) Tansillo, ed. Fiorentino, son. XIX, p. io.
 
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