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Napoli nobilissima — 3.1894

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

I39

ai 2 di maggio, quando tornò nell’ ufficio e dignità, che
occupava; però provvisoriamente, perchè « si aspettava
l’esito della causa della Corte ». Ma comunque « il pro-
cessamento fosse stato fatto da gente bassa e vile » di
talché potesse credersi che le accuse fossero false, pure
gl’ imputati stettero con cuor tremante per la loro riputa-
zione, fino al 1625, e di fatti ai 21 febbraio di quell’anno
il de Gennaro fu sospeso per due anni. Se non che que-
sta condanna non arrecò nocumento alcuno alla sua car-
riera, perchè nel 1626 fu creato presidente del Sacro Re-
gio Consiglio e decorato del titolo di marchese di S. Mas-
simo (T).
Il Bucca nei suoi Giornali riporta un aneddoto sul conto
del nostro consigliere, che io non voglio tacere, perchè ci
fa vedere i costumi di quei tempi. « Ai 17 ottobre del
« 1630 la mattina, egli narra, mentre nel tribunale del
« Sacro Consiglio si trattava una causa di Carlo Carac-
« ciolo di Sant’ Eramo contro Ottavio Carbone, stando
« Carlo mal soddisfatto del consigliere di Gennaro, capo
« di quella ruota e decano di detto tribunale, li disse:
« non senti, spilati le orecchie, e più volte con malissimo
« termine. E cercando gli altri consiglieri di sussegarlo,
« lui alzò più la voce, replicando: se non sente che si
« spili le orecchie, e quello non sentendo, o non volendo
« sentire, non fu altro ». Era il Caracciolo un attacca-
brighe, un uomo più di quel che conveniva superbo ed
arrogante. Aveva, secondo dice lo stesso Bucca, trovato
il modo come arricchire « comprando litigi et facendo
« questa mercantia acquistò buona facoltà a segno che ta-
« luno non potendosi aiutare pel valore della parte av-
« versa e per la potenza vendeva o buttava la pretensione o
« ragione al Caracciolo ». Il quale, affinchè « le sue inso-
« lenze avessero un riparo perpetuo col clericato » aveva
ottenuto nel ponteficato di Urbano Vili dalla Corte ro-
mana dispensa di potersi godere, non ostante il matri-
monio con la vedova duchessa di Sirignano sua parente,
il clericato, i benefizi! annessi, e la viduità della moglie.
Altra volta avendo pure con grandissima arroganza attaccato
il marchese di Mansera, reggente della Gran Corte della
Vicaria, era stato carcerato e condannato ad una grossa
ammenda, che fu invertita a fare i parati a tutte le quat-
tro ruote del Sacro Regio Consiglio. Ma questo non gli
tolse la mala abitudine. Pochi giorni dopo il fatto del de
Gennaro ai 24 luglio, ritornando l’istessa causa all’ udienza,
il Caracciolo insolentì anche di più, dicendo al medesimo
consigliere « molte male parole etiam offendendo l’onore
delle donne e dandogli, come si disse, una strappata alla
toga. » Allora, volendosi punire tanta baldanza, il Viceré

(1) Guerra Scipione, Diurnali pubblicati a cura di Giuseppe de
Montemayor, p. 146 — Codex descendentiarum S. R. C., f. 266.

diede ordine che fosse carcerato e punito, del che egli
avvedutosi, si ritirò dentro l’abaziale chiesa di S. Maria a
Cappella, donde poi se ne fuggì in Benevento. Con tutto
ciò gli furono confiscati i beni, ed i mobili venduti al-
l’incanto (’).
Nello stesso torno di tempo al de Gennaro « sotto co-
ki lore della vecchiaia, lasciatali la provisione e datali una
« piazza del Consiglio di Stato et il titolo, l’havevano tolto,
« con molto suo disgusto la piazza di Consigliere, ben-
« chè veramente fosse un cadavere e sordo affatto ». Non
guari dopo ai 14 settembre dell’anno 1632, egli morì, e
fu seppellito suntuosamente nella chiesa di S. Pietro mar-
tire nella cappella della sua famiglia (1 2 3), accompagnato, dice
il Bucca, da « una gran comitiva di gente, convitata a
« posta per tale cerimonia, essendosi introdotto un tale
« abuso da poco tempo in qua. E perche fra termine di
« un anno in circa per abbellimento della chiesa, detta
« cappella andò a terra, il corpo suo posto in un baullo
« di velluto cremisi si è posto in luogo eminente nella
« sacrestia degli stessi padri, nel modo che stanno i corpi
« dei re di Napoli aragonesi nella sacrestia di S. Dome-
« nico maggiore » (3).
Il de Gennaro fu uomo molto tenero delle glorie dei
suoi maggiori, e cercò di conservare e tramandare ai po-
steri la memoria di esse; non solo procurando che il Vin-
centi trascrivesse e raccogliesse i monumenti dell’Archivio
di Napoli, che riguardavano la sua famiglia, e che il de
Pietri ne scrivesse largamente la storia, ma anche facendo
dipingere ed illustrare le immagini e le gesta dei princi-
pali personaggi di quella nella sala del palagio dei Colon-
nesi da lui acquistato. Il de Pietri, nella storia su detta,
fa ricordo di tutte queste pitture e delle leggende latine
appostevi a dichiarazione di esse; ed io credo pregio del-
l’opera mia qui brevemente e partitamente descriverle,
come quelle, che all’argomento che tratto si attagliano be-
nissimo. E poiché il lodato scrittore, non ebbe pensiero
di indicare con precisione l’ordine, con cui quelle erano
disposte, io debbo limitarmi a rammentarle con l’ordine
cronologico con cui quegli uomini vissero e quei fatti ac-
caddero.
Ed in prima si presenta l’entrata degli Aragonesi in Na-
poli, nella quale ebbe parte principalissima Mazzeo o Mat-
teo de Gennaro. Il fatto è assai noto nelle nostre storie.
Matteo insieme con Diomede Carafa capitaneggiò nella

(1) Bucca, Aggiunta alti Giornali di Scipione Guerra dal 1629 al
1633 con postille d’Innocenzo Fluidoro, Ms., f. 91 mihi.
(2) La cappella della famiglia Gennaro nella chiesa di S. Pietro
Martire stava nella navata dalla parte dell’evangelo, dove ora è la
porta piccola. V. Celano, IV, p. 101. II P. Orsi, gesuita, celebre epi-
grafista del secolo XVII, compose una lunga iscrizione in lode di Fe-
lice di Gennaro, che si legge nel De Lellis, Famiglie nobili, 1.1, p. 269.
(3) Bucca, o. c., p. 205.
 
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