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Napoli nobilissima — 3.1894

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NAPOLI NOBILISSIMA

T54

secoli passati in tutta la penisola sorrentina, e dividevasi
in due rami principali; uno assai numeroso che restò nella
contrada nativa, e l’altro, meno numeroso, ma di maggior
considerazione, di cui qui trattiamo, che per esercitare l’in-
dustria serica fissò la sua dimora in Napoli, senza però
smettere la casa di Mortora, nella quale spesso, e più a
lungo nei mesi di villeggiatura, si conduceva. Così nelle
Numerazioni dei fuochi di Sorrento, e del Piano, e nel
catasto del Piano del 1754, oltre a coloro che a Mortora
dimoravano, troviamo notati parecchi di Piscopo che si
dicono della città di Napoli (’) o ivi dimoranti.
Dei cinque fratelli, che abbiamo di sopra nominati, An-
tonino, che era, come rilevo dai fuochi, cugino non fratello
germano degli altri quattro, avendo molti figli maschi ed
una sola femmina per nome Caterina, fece della sua por-
zione uno stretto fedecommesso, al quale chiamò prima i
suoi figli maschi, ed in mancanza di costoro senza discen-
denti, sostituì la Caterina con i suoi figli. Ora il caso portò
che tutti i figli maschi di Antonino morirono, e forse nella
peste del 1656, senza eredi, in guisa che in virtù della
riferita disposizione successe nella proprietà del palazzo
piccolo la detta Caterina, che fu moglie del dottor fisico
Domenico Mirra seniore (2 3), il che avvenne prima del 1688,
nel quale anno questi morì (3).

(1) Nella Numerazione dei fuochi di Sorrento e del Piano del 1596
voi. 19 della Prov. di Terra di Lavoro sono notati al n. 258, Ottavio
Piscopo ammogliato con due figlie, ed al n. 259, Giuseppe di lui fra-
tello, non casato, ambedue terracciani, cioè del Piano. Nel margine poi,
all’articolo di Ottavio si annota una seconda moglie per nome Anto-
nia Scoppa, la quale dichiara non conoscere i figliastri, che erano
morti nell’infanzia. Nella numerazione del 1642 e 1643, si trova al
n. 1293, Antonino Piscopo del q.m Ottavio di anni 35, ed in margine
i testimoni interrogati affermano ch’esso era in Napoli casato e filatore
di seta; indi al n. 1307, Francesco Piscopo del q.m Giuseppe, Giov.
Antonio fratello, Onofrio fratello, et Fab.? (Filippo), anche fratello, e
si avverte pure in margine ch’erano casati ed avevano filatorii. L’ul-
timo nome Fab., cioè Fabrizio, è certamente uno sbaglio. Nè ciò deve
recar meraviglia, perchè questi fuochi essendo di napolitani, e quindi
non imponibili, sono registrati per semplice ricordo. Nella numera-
zione del 1662 (voi. 20) della detta provincia al f. 446 sotto il n. 1801,
trovasi notato Onofrio Piscopo del q.m Giuseppe, a. 40. Maria Canale
moglie a. 40, e quattro figli, ed in margine si nota essersi « aggiunto
« pel spoglio della numerazione dell’anno 1658, n. 576, dove si nota
« mercante in Napoli a Seggio di Porto ». Si aggiunge indi la depo-
sizione del detto Onofrio « esser venuto in Napoli da più di 30 anni
« con occasione che in detta città vi erano diversi suoi parenti, dove
« si è casato da 20 anni in circa... et in detto Piano vi possiede una
« casa con massaria ecc. ».
Dopo la numerazione del 1662, non se ne fece altra, e quindi non
si può far l’attacco di tutti i sovra menzionati con quei che vivevano
nel secolo scorso. Nel catasto del Piano del 1754, si trovano varii
Piscopo napoletani, ma non possiamo determinare la parentela loro
con quelli di cui parliamo.
(2) Notamento c. tra le carte del Piscopo.
(3) Questa notizia rilevasi dall’istrumento dei 2 gennaio 1755, per
not. Angelo l’Aere di Napoli allegato nel R. Cedolario della prov. di
Terra di Lavoro del 1732 al 1766. P. II al f. 327.

Della famiglia Mirra nella terza edizione dell’opera del
Celano che porta la data del 1759, in fine della Giornata X
e nel Supplemento di alcune cose omesse dalla p. 48 a 51
trovasi riportata una storia genealogica assai splendida e
singolare f1). D. Pietro Mir, secondo che ivi affermasi, ca-
pitano di fanteria ed infanzione ermuneo (2) di Aragona, o
sia nobile di antico genere equestre del regno di Aragona,
essendo venuto in Napoli col re Alfonso I meritò gli onori
di familiare e commensale del re, ed ottenne ancora la
concessione di molti effetti stabili, tra i quali il feudo di
Villa Mirra. Collocò poscia la sua casa in questa città, ove
si maritò con Porzia Carduino dama napoletana del Sedile
di Nido, dal quale matrimonio nacque Goffredo, che fu
avo del mastro di campo Onofrio, quarto barone di Villa
Mirra, da cui derivò il barone Francesco, quinto posses-
sore del nominato feudo; ed essendo da costui nati due
figlioli, cioè il colonnello di cavalleria Pietro Antonio ed
Onofrio, a beneficio di costui il re Filippo IV con reai
privilegio degli 8 agosto 1658, rinnovò l’investitura del
feudo col banco di giustizia, mero e misto imperio e con
la giurisdizione civile e criminale in prima istanza. Così
il detto Onofrio fu il sesto barone di Villa Mirra, al quale
succede quel Domenico, seniore, marito di Caterina Pi-
scopo, di cui abbiamo fatto cenno, ed indi Pietro, figlio
di lui e di Caterina. A costui successe l’avvocato D. Do-
menico Mirra Carduino juniore, che con regio diploma
surrogò al feudo di Villa Mirra antico e genarchico della
riferita famiglia, il piccolo palazzo Colonna, che a lui, co-
me erede di Caterina Piscopo e di Domenico seniore,
apparteneva. Si aggiunge che egli vi aveva « logata una
« nobile abitazione per la sua casa ed aveva ridotto all’uso
« moderno gli altri appartamenti dello stesso palazzo » (3).

(1) Questa ediz. del Celano, secondo asserisce il Scria {Memorie
storico-critiche degli Storici Napol, t. I, p. 160) fu curata da Francesco
Porcelli Segretario del S. R. C. e dal giureconsulto Domenico Pullo.
Il nostro d. Aniello Piscopo in un’annotazione, ove si trascrive il brano
del supplemento, osserva che, sebbene l’edizione porti la data del 1759,
pure il voi., che contiene la G. X. ed il supplemento di cui sopra si
fa parola, dovette stamparsi dopo il 1762, quando il Mirra ottenne il
diploma con cui si dichiarò feudo di Villa Mirra la porzione del pa-
lazzo Colonna che a lui spettava.
(2) Celano, l. c. L’A. del Supplemento per adulare e magnificare
il Mirra contro il fatto e contro la verità asserisce che il marmo
« con bellissimi fogliami, ove vedesi l’impresa ed il motto : Fabritius
« Collimila stava incastrato sotto le volte del giardino del palazzo »,
e che in un salone dell’appartamento che corrisponde al larghetto a-
vanti alla porta maggiore della suddetta chiesa (di S. Giovanni Mag-
giore) « si veggono dipinte da famoso pennello varie imprese dei no-
« stri re Aragonesi sotto la condotta di Andrea e Princivalle di Gen-
te naro, capitani di quei principi, dai quali fu il re Ferdinando II ac-
ce colto nello stesso lor palazzo, allorché facendo ritorno da Sicilia
ce venne al riacquisto del regno ». Egli attribuisce così al palazzo pic-
colo, che era dei Mirra, ciò che apparteneva al grande, proprio dei
Piscopo, e confonde la casa Colonna con quella contigua dei fratelli
di Gennaro or ora demolita.
(3) Celano, l. c.
 
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